Non me ne intendo di calcio, tuttavia ho seguito la vicenda di due grandi, mancati uno venerdì, Gianluca Vialli e Pelé, pochi giorni fa. Appena 58 anni Luca, sconfitto da un tumore al pancreas diagnosticato cinque anni fa; 82 anni il brasiliano deceduto il 29 dicembre ’22 all’ospedale Einstein di San Paolo per un tumore al colon. Entrambi di grandissimo talento calcistico, ma anche di grande umanità che è un valore aggiunto. Oggi ho riflettuto sulle parole dette da Vialli riguardo alla malattia, definita “ospite inatteso”; lui si augurava di sopravvivere ai suoi genitori e che il male gli concedesse di portare all’altare le due figlie avute dalla moglie inglese, per cui viveva a Londra. Non è successo. La dignità della convivenza con la malattia e la consapevolezza di perdere la battaglia costituiscono una testimonianza da grande leader. In parallelo, mi ha molto colpito che la madre di Pelé, donna Celeste sia centenaria e ancora in vita. Entrambe le madri di questi campioni piangono un figlio di straordinarie qualità, amato da moltissime persone. Ma anche se il figlio non è una star, la madre che lo perde deve convivere con una ferita innaturale, perché di norma muoiono prima i genitori dei figli, salvo eccezioni come nel caso di Francesco, l’amico di mio nipote, anni 21, morto dopo tre mesi di ricovero nel reparto Grandi Ustionati di Padova, a seguito delle gravi conseguenze riportate nel tentativo di suicidio messo in atto a settembre. Oggi alle 15 il funerale. Nell’epigrafe, sotto il bel volto del ragazzo che esibisce tre medaglie conquistate nel nuoto – anche lui uno sportivo – si legge: Con immenso dolore ne danno il triste annuncio la mamma Anna, i fratelli Luca e Michele… gli amici. Da ‘letterata’ mi soffermo sull’aggettivo immenso che sottintende ‘un fine pena mai’, specie in quest’ultimo caso: per la giovanissima età del protagonista e per la modalità scelta per congedarsi dalla vita. Riposino in pace tutti e tre.
Per un genitore veder morire il proprio figlio dev’ essere straziante. Una madre poi ,come quella del giovane Francesco veder morire il proprio figlio dopo 3 mesi di calvario in un letto d’ ospedale ancora di più. Ora i vostri figli non soffrono più sono in un mondo migliore e voi li ricorderete sempre con l’ affetto e l’ amore che voi gli avete donato nel corso della loro vita.💖💖💖
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Cara Lucia, il ruolo della madre privata del figlio (specie se suicida) mi disturba come una malformazione che si radica su un organo vitale. Spero che la fede e la solidarietà leniscano un poco la ferita. Se morire bisogna, dovrebbe essere senza traumi, almeno per chi resta. Ciao, a dopo 👋
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Con che criterio la morte sceglie le sue vittime ??? La morte in sé stessa ha un’anima ? Come riusciamo possiamo intendiamo cerchiamo di individuarla rappresentarla immaginarla nel nostro animo ??? Chi gli permette alla morte di scegliere senza un programma ben deciso su chi andare a colpire; che poi la morte in realtà colpisce o viene anche lei stessa programmata nel compito che ha ??? Altra cosa la vita love sempre vista come un regalo fatto dato dai genitori e non certo da Dio che non mi conosce ma la morte fa parte del regalo è un regalo a termine da quello che vedo di cui i genitori non ne sono autori come autori della vita stessa ???
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Domande a cui non so rispondere. A naso, credo che dovremmo parlarne serenamente di più e non solo in ossasione dei lutti. Comunque sia, vita e morte sono indissolubilmente congiunte. Personalmente preferirei canti e festa ai funerali, piuttosto che lacrime e veli! 🌻
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