Il primo bouquet

Ho composto il primo bouquet con i fiori sbocciati in giardino e quelli spuntati nei vasi lasciati sotto la pergola dell’uva fragola: svettanti narcisi, in compagnia di un rametto di bergenia, due giacinti, qualche viola, tre pratoline… un’intima soddisfazione! A volte penso che la mia attrazione per i fiori sia esagerata, perché sento il bisogno di circondarmene, tant’è che ne ho in ogni stanza della casa, a partire dal bagno che a Marcella sembra una serra, fino allo studio, dove dall’alto della libreria pendono tre potos. Il portico è il regno dei gerani, ora in timida ripresa mentre in giardino sono protagoniste ancora silenziose camelia, magnolia e ortensie. L’ aiuola di metallo fatta installare qualche compleanno fa, custode di molti bulbi, mi stupirà in seguito. Dunque: che sia fioridipendente? Il mio Calendario Filosofico mi viene in soccorso con la seguente massima, che per me vale come una risposta: Individuate ciò che vi fa stare bene e fatelo ancora di più. Mi sento sollevata, del resto non faccio male a nessuno… e casomai faccio contento l’amico che gestisce il banco dei fiori al mercato, che mi insegna anche a risolvere qualche problema floreale. Esempio, l’anthurium acquistato a Natale è in sofferenza per carenza di ossigeno e tra un po’ devo sistemarlo fuori all’ombra, sotto una pianta. Fuori è il luogo della casa che preferisco, sotto il glicine dove leggo, scrivo e penso. Tra un mese…mi trasferisco là, per viaggiare dentro e fuori di me che sono piuttosto sedentaria. Con eccezione per le passeggiate naturalistiche tra boschi ed anfratti dove posso fotografare le meraviglie della natura, perché raccoglierle è un peccato e potrei pure incorrere in una qualche sanzione. Però, se qualche seme si trasferisce spontaneamente da me – come è già successo – è bene accolto!

Esperienza sensoriale

Il mio albicocco si veste di rosa, ogni mattina di più. Aprire il balcone ed essere avvolti da un piumino di petali è un’esperienza sensoriale intensa che si ripeterà tra un po’ con le altre piante da frutto che bordano il mio giardino: il susino, il ciliegio, il melo. Il nocciolo, tenuto basso, scuote la chioma facendo tremolare al vento le infiorescenze maschili a grappolo (chiamate amenti) con cui giocava mio figlio da piccolo. Lo portavo a passeggiare in una stradina laterale del Tempio Canoviano – abitavamo a Possagno – dove la vegetazione è tuttora rigogliosa. Realizzo ora che ho trasferito in casa un po’ di quel percorso. Seguire lo scorrere del tempo attraverso il risveglio della natura mi carica e mi consola di inevitabili altre perdite. Ad esempio, ho notato che sotto la siepe sono rispuntate le viole, nonostante l’assenza di pioggia. Però la camelia tiene ben stretti i boccioli che a quest’ora dovrebbero essere fioriti. Per inaffiare uso l’acqua dove porto a cottura gli ortaggi, ma è poca cosa. Secondo le previsioni, in giornata dovrebbe arrivare qualcosa…speriamo! Mi immedesimo in chi coltiva la terra e ne condivido le preoccupazioni. Sono diventata più attenta e ‘risparmiosa’ ma ciò che salvo è come una goccia nell’oceano. Tuttavia mi aggrappo alla frase di Madre Teresa di Calcutta: Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno. Grande, anzi enorme la suorina diventata santa! Mentre scrivo, sento un leggero ticchettio sul tetto e vedo i gatti salire sul davanzale dello studio, come per ripararsi da un evento dimenticato: piove!! Non so per quanto ma è un inizio, un sorso d’acqua alla terra riarsa e disseccata. Voglia il cielo essere generoso!!

Mimosa, simbolo di forza e rinascita

Finalmente piove…in realtà sono lacrime di pioggia per la terra riarsa. Le cime circostanti sono innevate. Stamattina fa freddo, come previsto: è la coda dell’inverno. Ieri pomeriggio ho fatto una breve escursione tra viottoli e non, con l’obiettivo di verificare se era fiorita la mimosa (acacia dealbata) vista tutta verde un paio di settimane fa, in una zona periferica del paese. Addossata a un muro e in posizione soleggiata, con ai piedi un ruscello ha trovato il posto ideale per crescere e fiorire. È esplosa in una cascata di piccoli soli beneauguranti. Simbolo di forza e rinascita, l’ho fotografata e le ho dedicato una poesia, perché se lo merita. Tempo fa, a casa mia avevo messo a dimora due se non tre mimose che non hanno retto, nonostante sia considerata una pianta resistente. È originaria della Tasmania (Australia) ed è stata introdotta in Europa agli inizi del 1800. Il nome italiano pare che derivi dalla radice spagnola ‘mimar’ che significa accarezzare che si riferisce alla morbidezza della fioritura, che si collega alla sensibilità femminile. Ovviamente anche per questa pianta c’è una romantica leggenda che lascio però risolvere al lettore. Da parte mia dico che mi piacciono sia il colore – che richiama il sole – sia il profumo delicato e stuzzicante insieme. Anche i fiori sferici, insoliti per forma ed evocativi di addobbi Natalizi. Risaputo che è il fiore simbolo dell’8 marzo, legato alla Giornata della Donna, ne ho visto diversi esemplari lo scorso giovedì al mercato locale, dove mi sono provveduta di primule. Ecco, i fiori sono messaggeri della prossima stagione che temiamo siccitosa. In giardino ho scoperto la prima tenera viola. Se il clima non si dà una regolata – che in realtà riguarda i nostri comportamenti – dovrò orientarmi sulle piante grasse. Ma sarebbe un peccato e un ripiego.

“…il primo bacio della primavera”

Non conoscevo il proverbio “Una primavera senza bucaneve vuol dire un’estate senza frutti” e ignoravo che il fiore sia chiamato anche “Stella del mattino” , perché tra i primi dell’anno a sbocciare. Il nome botanico è Galantus nivalis (= fiore bianco come il latte) e appartiene alla famiglia delle Amaryllidaceae. Per la sua purezza e il suo candore viene associato alla festa della Purificazione della Beata Vergine Maria, il 2 febbraio, appunto la Candelora. Di conseguenza si usava ornare l’altare con mazzetti di bucaneve. Per le sue caratteristiche, nel linguaggio dei fiori il bucaneve simboleggia speranza, nuova vita. Diversi miti sono legati alla nascita di questo fiore gentile, ma li lascio scovare al lettore. Invece riporto la bellissima espressione dello scrittore Giovanni Domenico Stuparich (Trieste, 4.04.1891 – Roma, 7.04.1961):”I bucaneve nascono tra l’ultimo brivido dell’inverno e il primo bacio della primavera”. Adesso entro in campo io: sono stata in passeggiata, tra viottoli e campi con mio figlio e ho visto distese di bucaneve che ho fotografato, In compagnia di felci, anemoni e primule. Sole tenue all’inizio del percorso di oltre tre chilometri, poi ha preso sopravvento l’aria fredda e mi sono coperta la testa col cappuccio del giaccone. Siamo in inverno ma si percepisce qualche segnale di cambio stagionale: il bucaneve è un ottimo messaggero, la luce diurna dura di più…tra un mese fioriranno le viole! Camminare senza fredda nei meandri trascurati della natura è un toccasana che fa bene al corpo e soprattutto allo spirito. Non posso raccogliere i deliziosi fiorellini, ma li fotografo e a casa me li guardo. Potrebbe anche scapparci una poesia!

Uva e benessere

Oggi, prima domenica di avvento metto da parte la penosa attualità che riguarda la tragedia di Ischia, rinviata ai prossimi giorni. Ho bisogno di nutrirmi di leggerezza, che cerco tra le righe della rubrica Salute e benessere, a pag.15 del quotidiano il gazzettino. Il titolo è accattivante: “Autunno, bagni nell’uva per rimettersi in forma”. Caspita, ho ancora qualche grappolo di uva fragola appeso alla vite che si sta spogliando delle foglie. Effettuata una piccola vendemmia circa un mese fa, ho trasformato i profumati grappoli in composta d’uva fragola e cannella, conservando il prodotto originario in un paio di cassettine. Al momento di gustarla, scarto le bucce degli acini che poi inserisco nel compost dove i laboriosi lombrichi lavorano, per restituirmi fertilizzante a costo zero. Ma dopo la lettura dell’articolo, potrei pensare a farne anche un uso alternativo, a beneficio soprattutto della pelle. Dunque, specie nelle spa del Trentino pare sia diffuso e usato il bagno di mosto, peraltro praticato da Arabi, Egiziani, Greci e Romani (dato che la nostra cultura è…greco-romana, non avremmo inventato nulla). Tra i letterati latini Ovidio, poeta elegiaco autore dell’Ars Amatoria simpatizzava per Bacco, il dio del vino, del cui mito parla nelle Metamorfosi. Arcinoto il proverbio “Bacco Tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere” che però mi allontana dai benefici dell’uva cui intendo tornare. I vinaccioli – una delle prime lunghe parole proposte da ricopiare a mio figlio in prima elementare – sono ottimi per effettuare la pulizia della pelle, se non vengono trasformati in olio di vinacciolo. Incredibile in quante forme benefiche possa riproporsi la natura. Chissà quante altre lezioni ha ancora in serbo per noi distratti. Prosit 🥂

Ultimi frutti

Oggi gioco in casa, nel senso che non mi sposto e mi dedico alla cura dello scoperto, anche se in realtà delego il da farsi a Reginaldo, mio compagno delle elementari diventato mio braccio destro per la manutenzione del giardino. Stamattina sono protagoniste le foglie cadute, che formano un bel tappeto color ruggine dove i gatti si rincorrono festosi. Se però piove, come potrebbe capitare, la magia del foliage si trasforma in una pericolosa fanghiglia. Vale anche per la pergola di uva fragola, dove rimangono gli ultimi grappoli d’uva dolce e profumata. Mi sento doppiamente coinvolta nella gestione della casa, da quando mio figlio sta per conto suo: mia intenzione fargli vedere che me la cavo e che mi avvalgo delle persone giuste. Ho recuperato la sua fiacca limonera, grazie ai lupini e lui ha costruito il carrello per spostarla, dato che pesa parecchio. Mentre Reginaldo lavora fuori, io al computer trascrivo poesie sulla natura che mi fanno rivivere i momenti dell’anno ormai al declino. Ogni tanto esco su chiamata, per vedere come procede il lavoro: io non saprei fare di meglio. Il suo occhio esperto ha avvistato tra le foglie a terra tre belle mele rosse di una varietà antica, che considero l’ultimo regalo speciale della stagione autunnale. Ovviamente le fotografo, per gustarmele con gli occhi quando non saranno più disponibili per il palato. Due cassettine di uva fragola sono state messe al sicuro e valuterò se trasformare il prodotto in marmellata, prima che avvizzisca. In tal caso, farà da ottima copertura a qualche crostata. Credo che il mio amico Giancarlo definirebbe questo testo sensoriale e l’ipotesi non mi dispiace, dato che non posso parlare sempre di cronaca bianca o nera. Per quella rosa non ho più l’età. Ma se dovesse capitare, ben venga!

Seconda Primavera

Sento parlare della seconda primavera durante il programma geo, in un breve servizio molto interessante, girato nel parco del Salento. La prima primavera è quella astronomica, che va dal 21 marzo al 21 giugno; la seconda è in corso da quando le giornate si accorciano, dopo le prime piogge d’autunno: cioè ora! Simbolo di questa rinascita della natura, dopo il grande caldo estivo è il ciclamino, fiore che apprezzo, per la forma il profumo il colore. Il mese scorso mio figlio ne ha fotografato un esemplare tra le rocce, durante le sue escursioni: un messaggio di umiltà e di bellezza! Il ciclamino è un fiore che piaceva molto anche a mia madre, da cui ho ereditato l’attitudine floreale. Adesso che ci penso, ho tre vasetti sotto il glicine che stanno prendendo vigore, con minuti fiori che fanno capolino sotto il fogliame. Due piccoli ciclamini – sono quelli che prediligo – dal davanzale del bagno osservano silenziosi il mio andirivieni. Il nome cyclamen deriva dal termine greco kyklos che significa cerchio, dovuto alla forma arrotondata del fiore, associata a quella dell’utero femminile. Al tempo dei greci era infatti usato per favorire il concepimento. Per secoli fu considerato la pianta sacra a Ecate, divinità dell’oltretomba. Secondo alcune tradizioni cristiane invece, il ciclamino era un tributo a Maria. Nel linguaggio dei fiori simboleggia la diffidenza, per via della tossicità della pianta: le radici contengono infatti modeste quantità di veleno, potenzialmente pericoloso per l’uomo. Era caro a Venere e alla Luna, e utilizzato per realizzare pozioni d’amore. Venendo a noi, di sicuro è gradito a Marcella che adorna i suoi balconi di ciclamini in occasione dell’imminente compleanno. Il significato dipende molto anche dal colore dei petali: bianco rappresenta la tenerezza, rosso l’amore difficile, rosa l’amore puro, fucsia l’erotismo, viola l’allegria. Beh, ce n’è veramente per tutti i gusti. Per me è un dono della natura, simbolo di eleganza e riservatezza. Fate voi!

Fiore d’inverno

Tra i prodotti autunnali c’è il radicchio, di cui per fortuna non vado matta. L’articolo a pag. 29 de la tribuna titola “Costi alle stelle, ortofrutta più cara del 20% Il radicchio già in vendita a 16 euro al chilo”. Giorgio Polegato, presidente provinciale di Coldiretti dice: “Bisogna vedere se lo vendono” quando sarà sugli scaffali, a partire dal 2 novembre. Ricordo con nostalgia e gratitudine una persona che me lo portava gratis a domicilio, per un po’ ho tenuto in acqua nei secchi il prezioso ‘fiore dell’inverno’ a maturare, ma non ne ho mai fatto grande uso, salvo qualche risotto col radicchio, influenzata dalla cucina di mia madre dove abbondavano i carboidrati e scarseggiavano le verdure. Da adulta ho preso le distanze e sulla mia tavola non mancano gli ortaggi, spesso elargiti da conoscenti che li coltivano in proprio. Anzi, mi è venuta l’idea di realizzare un piccolo orto il prossimo anno, ma di delegarne la cura a Reginaldo, preferendo io occuparmi dei fiori. Ho sentito per televisione che stanno prendendo piede gli orti sociali: mi pare un’ottima iniziativa per coinvolgere giovani e meno giovani nella coltura a metro zero o quasi. Anche dal punto di vista psicologico, consumare prodotti coltivati direttamente credo sia un nutrimento dell’animo, oltre che un collante sociale, se fatto insieme con altri. Quando ero in servizio, tra compiti da correggere e lezioni da preparare pensavo che avere un orto fosse faccenda da pensionati. Beh, adesso lo sono e vedrò di concretizzare un pensiero di salute, oltre che di risparmio. Perché, diciamo la verità, con tutta la considerazione del lavoro e dei passaggi che ci sono dietro la produzione del radicchio rosso tardivo, pagarlo 15.99 è…molto costoso! Tuttavia per i buongustai può valere la pena.

Ci sono frutti e frutti

Gli argomenti che tratto più di frequente nel mio blog riguardano l’attualità oppure il quotidiano, sotto la voce ‘emozioni’. Per una questione di alternanza, avevo deciso che oggi avrei trattato un fatto di attualità. Invece no, !a visita di due persone che mi donano frutti di stagione mi riempie l’animo e mi fa cambiare idea. Alle otto Reginaldo, che ieri mi ha sistemato il giardino viene a ritirare l’enorme sacco con lo sfalcio e le ramaglie da portare in oasi ecologica. Lo aiuto – per quel che posso a issarlo nel bagagliaio, che rimane un poco aperto e lui assicura con uno spago. Prima di andarsene, estrae un sacchetto di plastica dal sedile del passeggero e me lo porge: contiene prodotti suoi, fagiolini e uva bianca dolcissima, già gustata in un’altra occasione. Sa che mi piace e apprezzo la delicatezza. Poco dopo arriva Marta con un presente confezionato da Veronica, avvolto in un bianco sacchetto di carta: contiene grosse castagne che pregusto già bollite o arrostite. Ricambio con quello che ho, ovverosia gelatina di melagrane del mio alberello che quest’anno è stato generoso. Un valore aggiunto ai prodotti stagionali è la spontaneità dell’offerta, accompagnata dallo scambio di informazioni e di confidenze. Quasi mi spiace consumarli, questi prodotti autunnali che testimoniano la ricchezza della natura e la bellezza del dono. Nel portafrutta aggiungo le noci raccolte stamattina sul marciapiede, a bordo strada. Merita che li fotografi, così soddisfo anche il piacere della vista, prima di deliziare il palato. Giusto ieri Adriana commentava sul blog che “far funzionare i sensi può regalare felicità”. Le do pienamente ragione. Ringrazio madre natura…e i miei amici sensibili e generosi.

Tempo di melagrane

Pianta interessante il Melograno, una vera scoperta (a proposito, oggi ricorre l’anniversario della scoperta dell’America, ma preferisco non occuparmene). Ieri e oggi mi sono dedicata a sgranare arilli, i grani rossi delle melagrane del mio alberello di Melograno, mai tanto generoso come quest’anno, con l’obiettivo di farne gelatina da conservare per l’inverno. In vent’anni e oltre che abito qua a Castelcucco, non ho mai avuto necessità di conservarne i frutti, che hanno un sacco di proprietà benefiche. Mi interessano anche le leggende attorno al malum granatum, pare originario dell’Iran, e non mi stupisce che sia stato oggetto di interesse da parte di artisti quali Leonardo, Botticelli, Raffaello. Per via dell’aspetto, il frutto – la melagrana – si trova spesso in raffigurazioni religiose nelle mani della Vergine Maria o di Gesù Bambino. Simbolo di abbondanza, prosperità e regalità, in diverse culture viene donato agli sposi, oppure alle persone come augurio per il nuovo anno. Sia come sia, è un buon pretesto per cercare – e trovare – conforto a casa mia, che sto riscoprendo da quando sono in pensione. Fiori e frutti propri, a metro zero, non sono degli optional e procurano un’intima soddisfazione. Anche gli occhi trovano appagamento, nell’osservare un cesto o un portafrutta con i prodotti di stagione, senza contare le emozioni che possono produrre in ambito poetico e pittorico. Io mi accontento di fotografarli. Infine, una bella spremuta di melagrana è un toccasana per il corpo e per la mente. È quello che farò, staccando le ultime meraviglie rimaste sull’albero. Alla salute mia e dei lettori.