La maestra del racconto

Alice Munro, scrittrice canadese Nobel per la letteratura nel 2013 se ne è andata a 92 anni. Maestra del racconto breve, nei suoi testi narra le vicende delle persone comuni con un linguaggio colloquiale. L’esordio avviene negli Anni Sessanta nelle riviste letterarie del suo Paese. Dodicenne, aveva dovuto assistere !a madre, colpita dal morbo di Parkinson a soli quarant’anni e in quella gravosa circostanza aveva trovato una valvola di sfogo nella scrittura. Aveva esercitato il talento nei racconti da adulta, piena di molteplici impegni legati anche all’accudimento di tre figlie (una quarta era morta appena venuta alla luce). Non aveva mai pensato di impegnarsi nella stesura di un romanzo vero e proprio, dato che la sua giornata era già tanto densa di impegni, mettendosi al lavoro mentre le bambine dormivano o erano a scuola. Ha pubblicato 13 raccolte di racconti e un romanzo. Nel 2013 aveva annunciato che avrebbe smesso di scrivere, mantenendo la promessa. In Italia è pubblicata dalla casa editrice Einaudi. Sì è spenta la sera del 13 maggio nella provincia dell’Ontario, in Canada dov’è ambientata la maggior parte dei suoi racconti. Mi viene spontaneo il collegamento con la nostra Nobel per la letteratura Grazia Deledda che ha ambientato quasi tutti i suoi romanzi in Sardegna, l’amata isola. Ho letto molto della scrittrice sarda, mentre della Munro mi ha attratto la sua propensione al racconto, scelta originale nel panorama letterario di livello. Comunque anche la Deledda aveva esordito giovanissima – se ricordo bene a 17 anni – pubblicando alcuni suoi scritti su una rivista di moda e il suo primo romanzo Fior di Sardegna a 21 anni. Senza volerlo, mi è venuto spontaneo accumulare due donne, due madri, due scrittrici insignite dell’ambito premio svedese. L’ultimo libro della Munro si intitola Dear Life, una sorta di lettera scritta alla vita che lei ha descritto da narratrice consumata, vera maestra della short story.

Urge miracolo

Di prima mattina l’attualità incalza, con prevalenza di notizie out. Il TG1 Mattina trasmette il servizio “Dandora, la vita nella grande discarica”. Dandora è una località nei pressi di Nairobi (Kenia), nota soprattutto come la più grande discarica a cielo aperto del Paese. Composta da oltre 2,5 chilometri quadrati di terreno ricoperto da scarti di ogni genere, accoglie quotidianamente 850 tonnellate di rifiuti che la rendono una bomba ecologica. Ciò nonostante è la prima e unica fonte di entrata economica di chi vive nelle baraccopoli circostanti, 10.000 persone di cui più della metà sono bambini, anche in età prescolare, portati dai genitori in discarica a raccogliere rifiuti. Gang criminali controllano il lavoro, compensato a 15 scellini per chilo di rifiuti, meno di 10 centesimi di euro. Diversi minorenni sono orfani e lavorano per mantenersi. Un 15enne intervistato mantiene i suoi tre fratelli più piccoli. Stento a credere che siamo nel terzo millennio. Se cambio canale, è protagonista la guerra a Gaza, oppure in Ucraina. Stesso giorno, 13 maggio 1981 avvenne l’attentato a Giovanni Paolo II. Sono frastornata, alla ricerca di una buona notizia. “Anche in mezzo alla guerra c’è una speranza segno di vita” sono le parole del patriarca di Gerusalemme alla consegna del Premio Cultura Cattolica al Teatro Remondini di Bassano del Grappa, lo scorso 2 maggio. Mi ha girato il video Paola, cara compagna di Liceo, sposata con un arabo. Vive da tempo a Nazareth e torna saltuariamente a Bassano, paese natale. Mi ha stupito quando, in uno scambio di battute mi ha detto che in Israele sono abituati alla guerra. Ecco, questo proprio non lo posso accettare: abituarsi allo sfruttamento minorile, ai conflitti, agli attentati…al male dilagante. Urge un cambio di rotta. Anzi, un miracolo.

Un artista, una promessa

Il mattatore Rosario Fiorello chiude la puntata del suo spettacolo mattutino, citando “Hallelujah” cantata da Ermal Meta sotto la pioggia, durante il concertone del primo Maggio. Ho già avuto modo di parlare del 43enne cantautore, compositore, polistrumentista albanese, naturalizzato italiano. Tra i suoi brani: “Non mi avete fatto niente” che vinse la 68esima edizione del Festival di Sanremo in coppia con Fabrizio Moro, poi “Piccola anima” e “Un milione di cose da dirti”. Apprezzo l’artista e anche l’uomo che sa fare fronte alle difficoltà. Sono andata a vedermi il video: durante la pioggia battente, non si scoraggia. Dal palco propone al pubblico “Facciamo una preghiera”, imbraccia la chitarra acustica e canta “Hallelujah” difronte ad una marea di ombrelli colorati ed impermeabili variopinti. A parte la bellezza del brano, di Leonardo Cohen – toccante anche nella versione italiana – interpretato magistralmente, ha dimostrato intraprendenza e buon gusto nel creare un momento di intermezzo sotto il diluvio, in attesa della schiarita che si è materializzata provvidenziale di lì a poco al Circo Massimo. “La voce è arrivata lassù” è il suo commento. Che dire, un artista a tutto tondo che merita un gigantesco plauso. Per inciso, scopro che ha iniziato a suonare dal vivo a 16 anni. Chitarrista nel gruppo Ameba 4, dal 2013 intraprende la carriera da solista, vincendo nel 2018 il Festival di Sanremo insieme con Fabrizio Moro. Tra i vari riconoscimenti musicali, ha vinto due volte il premio Lunezia. Ha pure scritto un libro, un romanzo di formazione intitolato Domani e per sempre, edito dalla Nave di Teseo dove racconta uno spaccato del suo Paese Natale. Un artista, una promessa.

Diffusori di serenità e di bellezza

Ieri ho ripreso possesso del mio angolo preferito, sotto il Glicine dal tronco tortuoso su cui si inerpicano agili i gatti. Alla base si è allargata un’aiuola di viole di cui permangono centinaia di foglie a forma di cuore. Le narici percepiscono ciò che rimane dell’intenso profumo dei fiori di lillà, ormai esauriti. Se tutto va bene, a luglio assisterò a un’altra spettacolare fioritura. I bombi laboriosi si sono trasferiti altrove, adesso è tempo di farfalle: una gialla mi supera e chissà dove si andrà a posare. Se sposto la sedia potrei abbronzarmi, è una bellissima giornata di sole che temo non durerà (infatti oggi, primo Maggio e’ nuvoloso). Molti Italiani occuperanno le spiagge, compresa la mia amica Lucia cui auguro un ossigenante soggiorno marino. Più avanti, finita la convalescenza farò una capatina a Bibione, ma il posto che mi corrisponde di più adesso è casa mia, specie la parte dello scoperto che richiede attenzione e cura, stamattina dedicate a una pianta a forma di palla dalla parte della cucina. L’avevo vista in sofferenza e ho cercato informazioni, a partire dal nome. Grazie all’esperta Serapia, si tratta di un Olivagno che necessita di adeguata potatura in modo da rinforzarlo. Ovviamente ho commissionato il lavoro a Reginaldo, mentre io mi sono occupata del nutrimento naturale da propinargli: bucce di banana secche e sminuzzate (= potassio), gusci di uova tritati (=calcio), fondi di caffè (=azoto, fosforo e potassio). Non so se funziona, ma sto abbandonando i prodotti chimici a favore di quelli naturali fatti in casa. Del resto ho il tempo per farlo e mi piace impegnarmi per le piante e i fiori, diffusori di serenità e bellezza. La Limonera, potata sapientemente da Marta oltre un mese fa e nutrita con i lupini ha emesso molte nuove foglioline marroni e alcune profumatissime zagare: una festa!

O tempora o mores/ Che tempi che costumi

Non mi ha mai attratto il genere western, meno che per le superlative colonne sonore di Sergio Leone. Vedersi riproporre scene da far west sotto casa, dev’essere drammatico. Mi riferisco a quanto capitato a Latina, dove un colpo di pistola ha ferito alla caviglia Martina, vent’anni durante una zuffa con sparatoria davanti ad un bar. Il colpo non era indirizzato a lei, ma tant’è. La giovane era seduta a un tavolino e stava ragguagliando la madre su ciò che stava succedendo. È scappata terrorizzata col bossolo nella gamba: soccorsa e portata in ospedale è fuori pericolo. Ho sentito il padre, altamente preoccupato ma neanche adirato contro l’autore del colpo: tanto di cappello! Ma la delinquenza viaggia per tutta la penisola. A Parma la microcriminalità esplode nel weekend, mentre a Bergamo un 85enne si trova in camera due persone incappucciate che gli chiedono denaro. Mimmo/Domenico, ex maresciallo della Guardia di Finanza aveva già subito altre aggressioni: di fronte ai ladri estrae da sotto il cuscino la pistola, spara un colpo in aria e li mette in fuga. Un coraggio da leone che però lo ammutolisce al pensiero di ciò che avrebbe potuto succedere. “Non chiamatemi eroe” dichiara. Il primo pensiero che mi viene è che sono fortunata a vivere in Pedemontana, al riparo – forse e per ora – da episodi di cronaca nera. Intuisco che molte cose non funzionano perché a suo tempo non sono stati presi provvedimenti adeguati. Non ho la competenza per avanzare soluzioni. Mi spiace per chi è in prima linea ad affrontare situazioni emergenziali. La seconda riflessione è che, dato il quadro politico mondiale, quello nazionale ne risente, con buona pace dei detrattori di chi sta al governo, santo o diavolo che sia. La celebre esclamazione di Cicerone “O tempora, o mores” (Che tempi, che costumi) è sempre attuale. Lascio al lettore altre considerazioni, magari da condividere.

Salute, bene individuale e collettivo

Apro il balcone all’alba: sento il richiamo degli uccelli nel cielo assonnato. Da quando sono stata dimessa dalla clinica Villa Berica di Vicenza con l’anca destra rinnovata mi godo ogni piccolo progresso. In casa mi muovo senza stampelle – un gioco nuovo per Fiocco, il gatto rosso – che uso per brevi tratti fuori. Sono incredula di essermi quasi del tutto ristabilita in un paio di settimane, grazie all’abilità del chirurgo Giovanni Grano e alle mani d’oro del mio fisioterapista Federico Zalunardo. L’ortopedico Guido Mazzocato non mi ha mai fatto mancare il sostegno morale. Ognuno di loro è un tralcio del mio Glicine affettivo, cui aggiungo mio figlio Saul, e le amiche Lucia e Marcella. Io ci ho messo la determinazione di comportarmi da brava paziente e la speranza che andasse tutto bene, come di fatto è successo. Anzi, rispetto all’intervento parallelo cui fui sottoposta per l’anca sinistra all’ospedale di Bassano nel novembre 2021, direi anche meglio. Suppongo che il percorso già fatto mi abbia predisposto a ripetere l’esperienza, confidando nel successo. In sala operatoria, con l’equipe dedita al paziente, l’articolo 32 della nostra Costituzione dimostra quanto la salute sia un bene individuale e collettivo. È stupefacente considerare i progressi della chirurgia in ambito ortopedico, dove lo stesso intervento trent’anni fa richiedeva degenza e convalescenza molto lunghe. Di questi tempi, con i problemi della sanità e le corpose complicazioni burocratiche è doveroso evidenziare ciò che funziona. La genetica aiuta e un pizzico di fortuna non guasta. Un invito a pensare positivo per chi dovesse andare sotto i ferri.

Guglielmo Marconi

Il 25 aprile di 150 anni fa nasceva Guglielmo Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 – Roma, 20 luglio 1937), uno dei più grandi inventori della storia moderna. ‘Papà’ della radio, avviò le radiocomunicazioni, vincendo il Nobel per la fisica nel 1909 che condivise col fisico tedesco Ferdinand Braum. La figlia 94enne Elettra, durante un’intervista ricorda il padre che chiamò con il suo nome – Elettra – la nave laboratorio dove effettuò numerosi esperimenti di radiofonia tra le due guerre mondiali. Per inciso, trovo che sia un nome femminile molto bello che avrei scelto se avessi avuto una figlia femmina. L’invenzione della radio è legata anche agli esperimenti di altri ricercatori, tra i quali il fisico russo Alexadr Popov. Curioso: Guglielmo frequentò a Livorno l’Istituto Nazione, scuola privata di tecnica senza conseguire il diploma. Infatti la sua formazione scolastica fu alquanto frammentaria: in sintesi, operò da autodidatta. Imprenditore, inventore, politico italiano gli devo molti confort quotidiani: di prima mattina accendo la radio, più tardi la televisione, poi consulto il tablet con i primi saluti dei miei contatti, quindi mi metto al computer. Da ragazzina ho abitato in Via Guglielmo Marconi. Da un censimento dei nomi più usati per etichettare le strade, quasi 5000 sono dedicate a Marconi, precedute da Roma e Garibaldi, seguite da Mazzini, Dante Alighieri, Cavour, Matteotti e Verdi. Il Belpaese è pieno di talenti. Vie dedicate a Marconi si trovano in Europa; a Montevideo un intero quartiere porta il nome di Marconi, mentre numerose vie si trovano in Nord e Sud America. Mi piacerebbe sapere come l’inventore fosse nel privato. Non mi risulta sia stata scritta una biografia. Ma fa testo la testimonianza della figlia Elettra.

Cedro e Giornata Mondiale della Terra

Leggo il racconto di Mariachiara Ferraro ‘Ode al Cedro’. Finalista XI concorso ‘Il Corto letterario e l’illustrazione’, una dichiarazione d’amore per una pianta longeva venuta da lontano. Ne sapevo qualcosa, grazie alle informazioni della collega che mi aveva supportato prima della pandemia durante la presentazione del mio romanzo Passato Prossimo che ha in copertina il Cedro in prossimità della Chiesetta di Santa Lucia, vicino casa. In questi giorni il romanzo mi ritorna tra le mani, perché partecipa al Salone del Libro di Torino dal 9 al 13 maggio, nella sezione del self publishing, padiglione 2, stand F 103: la copertina con la mitica pianta ritorna protagonista. La bibbia cita spesso il Cedro (del Libano) come esempio di forza e longevità, dato che può vivere fino a 2000 anni. Simbolo di alleanza per gli ebrei che custodiscono gelosamente la pianta, in quanto vicina a Dio per la sua altezza, le imponenti e forti fronde, per il fusto che si innalza verso il cielo. Molto esteso migliaia di anni fa lungo i pendii del Vicino Oriente, oggi nella zona di origine ne sopravvivono solo poche centinaia di esemplari. Tra l’altro oggi è la Giornata Mondiale della Terra di cui l’albero è un simbolo, meglio se ultracentenario come il Cedro. Tornando alla copertina del mio romanzo, la foto è mia, scattata di mattina presto, un giovedì che era il mio giorno libero dall’insegnamento. Allora confondevo il Pino con il Cedro che comunque appartiene alla famiglia delle Pinaceae, ma ha aghi e radici differenti. Sotto forma di infuso può essere usato come medicinale. I frutti sono le pigne. A me colpisce la sua imponenza e, ovviamente la longevità. Mi conforta sapere che ci sono altri esemplari in zona che andrò a salutare, appena mi sarò rimessa in piedi. Intanto, auguri alla Madre Terra!

Tempo bizzoso

Ieri sera ho acceso la stufa: la cesta con l’ultima legna era comoda e verso le venti non ci ho pensato due volte. L’operazione, che pensavo archiviata è stata gradita anche da Fiocco – il gatto rosso bello e impossibile – che si è acciambellato nella scatolina rettangolare dove c’erano i legnetti accendi fuoco. Nei paraggi, ovviamente le due gatte Grey e Pepita che preferiscono le mie gambe quando mi distendo sulla poltrona relax. Che dire? Lo sapevamo: il caldo fuori stagione non poteva durare e credo sia meglio così. Resta il disagio di adattarsi al brusco calo delle temperature, sperando che gli effetti collaterali siano sopportabili. Che il tempo influenzi fisico e psiche è un dato assodato. A seguito di eventi metereologici estremi è stato riportato lo sviluppo di disturbi mentali come depressione, ansia e stress. Non siamo a questi livelli, con il ritorno a temperature in linea col mese, dopo un’incursione d’estate bella e buona. La parola d’ordine, a mio dire è ‘Adattamento’ se non possiamo fare altro. Dal momento che non c’è nessuna certezza, convivere con le perturbazioni meteo mi sembra inevitabile. D’altronde c’è di peggio che si sta scatenando nelle alte sfere. Mi sovvengono dei versi premonitori di Bertold Brecht che evito di riportare per non intristirmi oltre. La settimana scorsa, a quest’ora circa ero in sala operatoria dove il chirurgo dottor Giovanni Grano mi ha inserito nella gamba destra la protesi d’anca…gemella di quella inserita nella sinistra circa trenta mesi fa. “Questione di gelosia” ha detto il bravo collega Massimiliano. In tarda mattinata ho fatto la seconda seduta di fisioterapia dal valente Federico Zalunardo che mi ha pure complimentato perché azzardo dei passetti senza stampelle. Mi concentro su questi successi per alleggerire i pesi della vita, consapevole che le sorti del mondo non sono di mia competenza. Come dice la mia amica Pia, “Diffondere piacere, serenità e bellezza” scrivendo, è la mia arma di difesa quotidiana.

Il mio eden

Durante la mia breve assenza da casa è scoppiata l’estate (che non durerà). Osservo ciò che è successo in pochi giorni: erba alta, siepe di Photinia espansa sul marciapiede oltre la rete, Glicine in piena fioritura. Anche la vite di Uva fragola si sta facendo strada, mentre i fiori bianchi delle Fragole annunciano che potrò contare sui rossi frutti tra qualche settimana. Sul Ciliegio si notano le piccole rotondità che delizieranno il palato tra qualche settimana…se il maltempo non ci metterà lo zampino. Con prudenza mi inoltro nella zona che chiamo ‘boschetto” dove un cespuglio di Iris rende gloria al Creato. Ne raccolgo un mazzo da portare in casa dove diffonderanno l’intenso profumo. Però prima li fotografo, inseriti in una borsa da mare blu che non reclama per l’inconsueto servizio. Di passaggio noto che anche il Mirtillo è in fioritura ed espone grappoli biancastri a forma di calici rovesciati dove si inserisce un bombo goloso e peloso. Credo che farei altre scoperte se procedessi, ma è tempo che mi sdraii per non affaticare l’anca rifatta mercoledì. Essere una donna ‘bionica’ non mi lusinga: preferisco considerarmi una donna ‘risanata’ come quella dell’ode scritta da Ugo Foscolo nel 1802 per la guarigione della contessa milanese Antonietta Fanagni Arese (con la quale anni prima aveva avuto una relazione). Bando ai ritorni scolastici, che comunque non mi disturbano riservo l’ultimo sguardo al Fico – nato da solo a protezione delle Ortensie – che ha allargato le foglie palmate in altrettante mani vegetali, simboli di offerta e/o protezione. C’è davvero da commuoversi davanti allo spettacolo e alla lezione della natura. Magari riflettendo sul significato della parola ‘eden’ anche nella accezione terrena, a prescindere da quello nell’Antico Testamento.