Ricami e ricami

Quando mio figlio era piccolo, di sera era consuetudine interrogarci reciprocamente su quale fosse stata la cosa più bella della giornata. Non sarebbe male recuperare vecchie sane abitudini, utili in svariate circostanze. Vivendo praticamente da sola, anche se sotto lo stesso tetto, applico il quesito a me medesima, sperando che lui, 32enne, non si sia scordato il “giochino”. Dunque, oggi ho fatto volentieri due cose: sono stata in cimitero a mettere i fiori ai miei genitori, in parte comperati e in parte miei: nello specifico le mie Ortensie di casa, debitamente seccate, col fascino delle cose antiche, come sarebbe piaciuto a loro. Nel pomeriggio, il secondo fatto piacevole: ho recuperato dall’armadio una borsa con dentro dei cuscini ricamati da mia madre che successivamente ho portato in cantina, posizionandoli a destra e a sinistra del vecchio sofà, dove fanno un bel vedere. Nostalgia? Può darsi, ma anche un omaggio al talento del fare di una volta. Alle medie, quando esisteva la materia Economia domestica (se non erro) realizzai diversi centrini all’uncinetto, apprezzati da mia madre ma non molto dall’insegnante che li valutò appena sufficienti, perché ripetitivi (bizzarra idea farli scompagnati per la camera da letto; il suo giudizio mi prude ancora), non ho mai più preso in mano l’uncinetto, né ricamato. Mi sono buttata sulle parole e in questo ambito cerco di realizzare i miei ricami, lasciando l’impronta che mi caratterizza di più.

Una bella giornata

Giovedì, bella giornata, non solo per il sole che trasmette energia, ma perché sono stata visitata dall’arte: musica di mattina, pittura di pomeriggio. Vado per ordine. Con tutte le cautele decido di andare a Bassano in giorno di mercato, spettacolo folcloristico di suo. Mi servono delle cose non urgenti, ma mi torna utile procurarmele… non fosse mai di ripiombare in un secondo lockdown! Faccio anche la pausa caffè, in un bar che frequento sì e no un paio di volte l’anno. E chi ti trovo? Nadia, la mia amica di gioventù, ora impegnata dentista, fortunatamente introdotta dalla dea Fortuna proprio nello stesso locale. La mattinata, iniziata sotto buoni auspici promette bene. Scambio di notizie, con promessa di rivederci. Poi proseguo per le mie compere, curiosando tra i banchi di frutta e verdura. All’altezza delle due piazze, difronte a un istituto di credito, un quartetto di giovani musicisti si sta esibendo con maestria: tre ragazze suonano il violino, in compagnia di un giovanotto che si applica al contrabbasso, proponendo pezzi classici e moderni. Singolare e azzeccato il nome del gruppo: Le Corde del Mondo, che fotografo e in parte registro. Ho le mani impedite per applaudire, ma sono bravissimi! Torno a casa contenta, perché la musica mi ha rasserenata. Posso vivere di rendita per il resto della giornata. Invece, di pomeriggio Serapia mi offre l’opportunità di andare a vedere una mostra di pittura in Asolo, dell’artista Elisa Panfido. Fiori e mare sono i soggetti dei suoi bei quadri, argomenti anche delle mie poesie. Ho con la pittrice un piacevole scambio di pensieri, intrecciati al filo delle emozioni, obiettivo centrale di ogni artista. Mi sento privilegiata a farmi contagiare da qualsivoglia forma espressiva. Ci voleva un rinforzo in questo senso, per darmi la spinta a ritornare sulle mie carte. Oggi mi è andata bene…, “Domani è un altro giorno”, come canta Ornella Vanoni.

Ultime Rose

Ho fotografato le mie ultime rose sullo sfondo del cielo plumbeo e le ho girate ai miei contatti, come una firma che mi caratterizza. Mi risponde Arletta, elogiando la foto che ritiene “ricca di poesia e pregnante di significato, perché è il simbolo della speranza, della vita più forte di ogni avversità”. Trovo il suo commento molto confortante e di buon auspicio. Confesso che quando fotografo, mi lascio guidare dall’istinto, dalla ricerca del bello senza tante elucubrazioni mentali. La riflessione arriva dopo, se arriva. Mi fa piacere che mi giunga un aiuto dall’esterno, che mi consente di allargare il mio orizzonte interiore e mi fa sentire in consonanza con altre anime. Tornando alle rose, che non sono il mio fiore preferito, riconosco che sono un esempio di tenacia e di resistenza, oltre che di eleganza e di bellezza, doni che conferiscono sapore alla vita aspra di questi giorni. Il colore rosa che piaceva molto a mia mamma, conferisce una tenerezza all’insieme, che smorza il grigiore dello sfondo. Oltre l’apparenza, per la simbologia diventano fonte ispiratrice di emozioni e di poesia. Considerando che tra qualche giorno, per la festività di Ognissanti sarà tutto un esplodere di Crisantemi, ben vengano le ultime rose ad ingentilire il mio giardino. Ne reciderò un bocciolo e lo metterò accanto alla bella immagine di mia madre. Dall’alto sono certa che gradirà.

Nuvolando

Di primo pomeriggio ho colto in cielo delle nuvole bizzarre, direi giocose: ho preso il tablet e le ho immortalate, pensando che ci avrei scritto attorno qualcosa. Adesso è il momento di ricamarci sopra. La parola ricamo rende bene ciò che ho visto: un fenomeno di breve durata, dai contorni morbidi, con riflessi di luce e in continuo movimento. In una parola, uno spettacolo gratis e a portata di naso all’insù! Metaforicamente, potrei associarle al periodo turbolento dell’adolescenza, quando le nuvole “si fanno e disfanno in chiaro cielo” come nella poesia RITRATTO DELLA MIA BAMBINA, di Umberto Saba, un poeta a me molto caro. Ricordo che a scuola era stato realizzato un cartellone, cui era stato dato il titolo NUVOLANDO, con disegni a tema realizzati dagli studenti, uno dei più belli. Credo che il lavoro di gruppo fosse finalizzato a valorizzare le EMOZIONI che Madre Natura ci regala. Non male guardarsi attorno a tutte le età senza timore di apparire sdolcinati. Spaziare con la mente usando i sensi che ci sono stati donati è un esercizio che raccomanda anche la dott.ssa Graziottin, menzionata nel post di ieri. Del resto il mondo è grande e c’è posto pure per chi la pensa diversamente. Io mi aiuto come posso, cioè come mi è congeniale: se mi capita di fare un click di effetto sono contenta. Se mi riesce di scriverci qualcosa al riguardo, sono doppiamente contenta. Il top è condividerlo con qualcuno. Perciò grazie a chi mi segue!

Vite parallele

Giorno di mercato a Fonte. Mi piace che capiti a inizio settimana, perché mi trasmette una carica di energia. Prima faccio una puntatina al bar, dove hanno reintrodotto i quotidiani. Leggo su IL GAZZETTINO l’articolo della dottoressa Graziottin, come sempre interessante. Oggi raccomanda la lettura di un libro che ha un titolo accattivante “La vita segreta degli alberi” e di effettuare viaggi mentali. Trovo incoraggianti le sue parole, che trascrivo sul retro di uno scontrino per non dimenticarle: “Torniamo a viaggiare di più con la mente, con la conoscenza e con la fantasia, per arricchire di luce e di nuovi orizzonti i nostri giorni”. Perfetto, è quello che ci voleva per rafforzare un mio convincimento. Stavo appunto progettando di rileggere qualche classico, buttare giù dei versi, irrobustire la trama di un romanzo avviato da qualche tempo. Quello che mi manca è la spinta a farlo, perché non mi sento in stato di grazia. La ragione è universalmente nota. Però la sessuologa, che vedo in tivu sempre sorridente, mi offre un’occasione per applicarmi, nonostante l’umore al ribasso. Oltretutto, anche l’invito a leggere il romanzo succitato mi sembra appropriato, per imparare qualcosa dalle piante, messaggere di benessere. Perfino il loro cambio d’abito autunnale è premonitore di una trasformazione che tocca tutte le creature, uomo compreso. In questo periodo sospeso, le creature vegetali accolgono silenziose le mie attenzioni: mentre tolgo qualche foglia rinsecchita del Ficus, oppure ingiallita del Geranio, gli parlo e mi libero di qualche grammo di ansia o di tristezza. Le Viole del pensiero sistemate all’esterno, nella grande aiuola di metallo crescono vigorose insieme ai Crisantemi, prossimi a sbocciare. Parafrasando il libro consigliato, la vita delle mie piante mi è nota. È consolante sentire che la mia viaggia in parallelo alla loro.

REPLAY

Siamo ripiombati indietro, era nelle previsioni e ce lo avevano detto: restrizioni per altre quattro settimane… per godere, si spera in un Natale sereno. Incrocio le dita e spero. Del resto non sono mai stata “festaiola” e non ho usufruito di abbracci allargati durante le feste comandate, sia per la lontananza o assenza di parenti, sia per una mia scelta controcorrente. La mia rete affettiva è intrecciata con quella di persone che mi corrispondono e sono in consonanza con me. Però è diverso comunicare in presenza, anche se la parola scritta aiuta. Per non perdermi d’animo, mi concentro su ciò che ho: la salute, una casa, un figlio, degli animali, dei fiori, degli amici… altro che al momento mi sfugge. Quello che mi preoccupa è che non riesco a godere pienamente di questo ben di Dio da sola, date le restrizioni imposte. Mi affascinava il messaggio monastico, pare attribuito a san Bernardo, per raggiungere la serenità interiore “Beata solitudo, sola beatitudo”, finché non è stato ritoccato da quest’altro di scottante attualità “La solitudine è bella, se la puoi condividere con qualcuno”. Quindi, problematica la solitudine imposta, come anche la convivenza forzata imposta. Ancora una volta, gli antichi latini suggeriscono la equilibrata via di mezzo, a poterla seguire. Mi consola sapere che queste mie riflessioni saranno tali e quali a quelle di milioni di persone chiamate a sopportare la seconda fase della pandemia. Ovviamente scongiurando il “Non c’è due senza tre”.

Quesito a Rodari

Un paio di giorni fa ho postato un articolo su Gianni Rodari, nel centenario della nascita. Sulla scia del suo immaginifico pensiero, mi sono chiesta come avrebbe reagito al clima indotto dalla pandemia, pieno di tante restrizioni e rinunce, nel migliore dei casi. Lui riusciva a dire cose grandi con parole piccole. Ho immaginato di essere una sua allieva e mi è venuto quanto segue. Confido nella sua clemenza e in quella dei visitatori del mio blog. Buona domenica!

QUESITO A RODARI Che direbbe Rodari del clima creato dalla pandemia? Forse direbbe… Buttate via la fretta, gli sprechi la corsa smodata alla cosa confezionata! Dà più soddisfazione realizzare una creazione con le proprie mani animando il legno, la tela o la carta muta imbevuta delle vibrazioni dell’artista. La vita è come una pista dove ognuno intraprende una gara emozionante pericolosa, ma esaltante con la traiettoria giusta.

Omaggio a Rodari

A cent’anni dalla nascita di Gianni Rodari (Omegna, 23.10.1920 – Roma, 14.04.1980), desidero dare il mio contributo a questo grande intellettuale, che in vita aveva fatto molte cose: l’insegnante elementare, il giornalista, il poeta, il partigiano… uno scrittore “fantastico” che ho conosciuto da insegnante, ho apprezzato e proposto ai miei studenti per farli sorridere e pensare, obiettivo non scontato in duplex. Ricordo la recita de Il pellerossa nel Presepe, proposta con successo in varie rappresentazioni natalizie, di cui riporto i versi centrali: “Non è il tuo posto, via, Toro Seduto: torna presto da dove sei venuto. Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano.” Pedagogista geniale, ammiro il suo coraggio di essere controcorrente, ad esempio nel preferire la cicala alla formica. “Chiedo scusa alla favola antica, se non mi piace l’avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala”. Vinse il prestigioso premio Andersen, considerato il “Nobel” della letteratura per l’infanzia, e numerosi altri premi, anche se “È come Gaber o De Andrè: adorato ma poco messo in pratica” (Manlio Lilli, 23.10.2020) Mi soffermo su questa considerazione e provo a scioglierla: non è semplice essere facili, alla portata di un pubblico empatico, tradurre concetti difficili in esempi terra terra, alla portata dei bambini. Ci riesce la poesia, quando non è esercizio stilistico ma tocca le corde del cuore. Personalmente è questa capacità espressiva che invidio a Rodari, che parla ai bambini ma ha messaggi sottotraccia anche per gli adulti, ex bambini. Chissà cosa avrebbe scritto questo fantasioso scrittore sul tempo attuale… magari avrebbe buttato giù dei versi sulla movida, o sul covid 19, giocando sul numero. Di certo era uno che pensava e sapeva esprimere concetti profondi in forme semplici. Come fosse un gioco di ombre cinesi.

Sguardo Antico e Tempo che torna: pittura e scrittura

Giusto un mese fa presentavo il mio ultimo impegno letterario, TEMPO CHE TORNA in centro sociale a Castelcucco, primo incontro pubblico dopo l’emergenza covid. Il vice sindaco, Giampietro Mazzarolo si augurava fosse il primo di una serie di eventi culturali da proporre in autunno, confidando nella clemenza pandemica. Temo che così non sarà, stanti i bollettini che aggiornano sulla ripresa del virus, caparbio e resistente. Quella sera, giovedì 24 settembre, era una brutta sera, con tuoni e rovesci che hanno costretto a restare prudentemente a casa diverse persone. Tuttavia ho avuto il conforto di una trentina di presenti, più i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, sindaco compreso, che torno a ringraziare. A rate sto vedendo il filmato girato da Manuel sull’evento, che mi giunge in tarda serata, quando lui, studente lavoratore può occuparsene. Credo che il ricordo di quella intensa serata mi farà compagnia tutto l’inverno. Intanto approfitto delle osservazioni che mi giungono via Whatsapp o tramite blog verbameaada.wordpress.com per ricaricarmi, in vista di altre storie. La mia arma vincente contro l’isolamento sociale rimane la scrittura, anche se lo stato d’animo attuale è al ribasso. Segue la fotografia, con spazio per gli amici animali. Anche per gli amici, pochi ma buoni, da frequentare soprattutto da remoto, in attesa che torni il sereno. Come suggerisce l’interpretazione del dipinto SGUARDO ANTICO di Noè Zardo, in copertina: dal buio alla luce, che infine emergerà. Un viaggio interiore alla ricerca del bello, scavando tra le pieghe dell’anima. Un messaggio che diventa un augurio. Complimenti all’artista!

Autunno pittore

Lo chiamano “Foliage”, lo spettacolo naturale delle foglie che cambiano colore e si accendono di tonalità calde, con svariate sfumature cromatiche. Tanti anni fa feci un tema sullo stesso argomento, svolgendo la traccia “Autunno pittore”: il concetto è lo stesso, espresso in pulita lingua italiana, con un tocco artistico. Del resto, non è l’Italia Paese di artisti, di santi, di eroi, di navigatori…? Non sarebbe male che ce lo ricordassimo, specie in tempi bui. Stamattina ho fotografato delle piante in prossimità della mia scuola elementare… sono trascorsi quasi sessant’anni e sono ancora là. Tema confortante quello dell’albero, dalle radici alle fronde, comprese le foglie che hanno ispirato cantautori e poeti. Mi sovviene una bella canzone, socialmente impegnata, di Sergio Endrigo, titolo 1947, dove l’artista afferma: “Come vorrei essere un albero che sa dove nasce e dove morirà”. Ecco, l’iter vitale della pianta è confortante, e pure incoraggiante! Di batoste ne avrà subite, tra tempeste fulmini malattie incuria e altre vicissitudini… offrendo comunque alloggio agli uccelli, ombra ai viandanti, ricovero alle auto e stimoli agli artisti. La pianta come faro, un punto di riferimento cui appoggiarsi non solo per sostare ma anche per ko pensare che siamo parte di un vasto progetto. Quanto alle foglie, chiudo con la citazione di Elisa Toffoli che rinvengo in internet e che condivido: “Come regine, le foglie si muovono gentilmente, e le loro ombre obbediscono con naturale sincronismo… a loro importerebbe di me se sapessero che sono qui, e le sto osservando, e sto desiderando di poter danzare come loro?”