Post compleanno

Oggi mi soffermo sugli effetti collaterali del compleanno, scadenza costante che ieri ho voluto sottolineare, data la ‘ragguardevole’ cifra tonda. Due ore trascorse in piacevole compagnia, addolcite dai pasticcini e abbellite da molti fiori. Ma non sono i doni, sebbene graditi gli effetti collaterali che intendo evidenziare, quanto lo stato di benessere raggiunto che mi viene sottolineato. Ho girato a dei contatti alcune foto scattate durante l’incontro: Il tuo volto sereno circondata da ciò che ami mi rallegra, scrive mia nipote da Roma e un caro collega dalla Sardegna dice che nell’isola dei centenari, a 70 anni rientrerei nella categoria delle ‘giovincelle’: poesia! Obiettivamente sono serena e mi sento giovane dentro, un traguardo che mi sono costruita strada facendo. Non è sempre stato così: anch’io ho avuto alti e bassi dell’umore, ho affrontato disagi, mi sono messa in gioco in varie occasioni. Sono anche stata fortunata, ma ho sempre pensato che dopo sarebbe stato meglio di prima, se avessi mantenuto la barra del timone. Oggi raccolgo i frutti della mia semina, con un po’ di reverenziale timore di dover strappare qualche erbaccia. Se qualcuno mi fa i complimenti perché ravvisa dietro le lenti che mi sono data da fare, beh è una bella soddisfazione, anzi il regalo più prezioso che mi viene consegnato su un piatto d’argento, non richiesto e rivitalizzante. Quanto al numero di primavera, orgogliosa di portarle, bendisposta di caricarmene altre sulle spalle. Gli ingredienti del mio benessere partono da lontano, trasmessi dai miei genitori e rafforzati dalla scelta di coltivarli: fiori, gatti, parole, indipendenza, relazioni. Un mix niente male che mi caratterizza. Ognuno ha da farsi amico il proprio, perché tutti custodiscono un tesoro.

Ciao inverno

Ultima domenica d’inverno, ormai la primavera è alle porte: basta solo che tolga la maschera! Sono stata a salutare la mimosa che tre settimane fa stava per sbocciare e ora è esplosa, uno spettacolo, un pieno di energia vitale che consente di ricaricare le pile. Mi sto appropriando del paesaggio dove vivo da oltre vent’anni, senza essermi resa conto degli suoi angoli più belli, dove proliferano i fiori e cantano gli uccellini. È proprio vero che Non è mai troppo tardi, se si mantiene la curiosità e la voglia di stupirsi. Rientrata dalla passeggiata, mi godo il resto del pomeriggio sotto il portico, tra il canto dei canarini e il rumore stridulo della sega che sta tagliando tronchi a circa duecento metri. Quando ci sono passata vicino, dal sentiero che costeggia il cimitero le mie narici hanno gustato l’odore del legno appena tagliato che mi ricorda il fuoco amico della stufa tuttora in funzione di sera. Prima che il sole tramonti, faccio un giretto per il giardino e fotografo ciò che mi sorprende: le viole, i giacinti, qualche piccola giunchiglia, un pezzetto di eden che mi procura benessere. Rimane l’incognita acqua. Intanto riciclo quella che posso, però ho visto che sono morte due piante di ortensie e la siccità potrebbe essere la causa. D’altro canto sto ospitando piante e fiori nati da soli. Qualche talea di geranio ha attecchito, pur non avendo il pollice verde. A proposito di fiori, prediligo le bulbose, forse per un felice ricordo della mia infanzia quando mio padre mi immortalò in mezzo ai narcisi sul monte Tomba. La foto, in bianco e nero, chiude la mia silloge di foto-poesia Natura d’oro, reperibile su Amazon. Se mi torna tra le mani la posto.

Anzianità

Quando sono a corto di idee per scrivere il mio post quotidiano, cerco ispirazione nel CALENDARIO FILOSOFICO 2922/2023 che mi sono regalata a Natale. Leggo le massime di un mese e metto un puntino verde col pennarello su quelle meritevoli di riconsiderazione. L’attenzione cade su una che mi sembra appropriata per festeggiare diversi compleanni che cadono in questo mese, compreso il mio. Il pensiero è di Henry Ford, l’imprenditore statunitense fondatore della omonima casa automobilistica: Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia 20 o 80 anni. Chiunque continua a imparare resta giovane. So poco di questo signore, ad eccezione che ha introdotto la catena di montaggio in fabbrica, con tutto ciò che ne è seguito. Però deve essere stato un abile pensatore, dalla raccolta delle frasi che gli vengono attribuite, compresa questa: Pensare è il lavoro più arduo che ci sia ed è probabilmente questo il motivo per cui così pochi ci si dedicano: tagliente e acuto! Sono convinta che imparare sia una necessità – e un piacere – che si impara da piccoli e continua nel tempo, diventando una costante. Per questo ho una spiccata simpatia per le persone anziane che si mettono ancora in gioco con le loro abilità e che collaborano con i giovani, in uno scambio di emozioni e di competenze. Sarà che ho perso i nonni da bambina, ma invidio cordialmente chi li può ancora frequentare, come Manuel la nonna Gina che insieme hanno fatto i crostoli. Gli anziani creativi sono poi il mio modello: che dipingano e recitino poesie come Pio, ricamino o cantino come nella trasmissione ‘The voice senior’ fa lo stesso: ciò che apprezzo è che vivano la loro stagione al meglio, dando ciò che possono dare. E dopo una vita lunga e piena, frutti da raccogliere ce ne sono in abbondanza.

Sabato soleggiato

Sabato soleggiato e sempre un po’ di corsa, perché dedico la mattina alla messa in piega e affido la mia testa a Lara che se ne prende cura da anni con passione. Quando salgo in macchina verso mezzogiorno dovrei spogliarmi, perché l’abitacolo esposto al sole si è trasformato in una sauna, parola già di per sé predisponente alle cure termali, di buona memoria. Il tempo di arrivare a casa e mi metto al sole con le braccia scoperte: sentire il tepore sulla pelle, dopo l’inverno è un vero piacere, condiviso anche dai micetti che si arrampicano sulla pergola del glicine, di cui riprendo possesso anch’io. Attorno al tronco aggrovigliato ci sono dei cespi di viole che diffondono un profumo delizioso. Mia madre ne usava uno chiamato Violetta di Parma e nell’associazione intravedo un messaggio di continuità. Quasi silenzio assoluto, rotto dal rombo di un paio di moto da cross, fuoriuscite dai campi vicini. Talvolta, dall’alto giunge il rumore lontano di un aereo. Continuo invece è il canto di un canarino che insiste su un passaggio canoro ripetuto, tipo vinile che si inceppa sotto la puntina di un vecchio giradischi: forse equivale ad un applauso all’amico sole. Per il momento nulla si inserisce a turbare questo angolo di paradiso. So che non durerà, già il cielo si sta oscurando, tuttavia voglio godermelo e possibilmente condividerlo perché sono in buona compagnia di chi ama la natura. Adesso mi sposto con la sedia e offro le spalle al sole, mentre Grey viene a strofinarsi sulle mie gambe. Anche gli amici a quattro zampe percepiscono il benessere del cambio stagionale. Non ho bisogno di spostarmi per godere del ‘posto al sole’, fatto di presenze vegetali e animali a metro zero. Pur non disdegnando la compagnia, sto bene anche da sola, perché il silenzio mi concilia il pensare e lo scrivere, attività che abbelliscono le mie giornate. Saluti e Salute! 🌻👋

Benvenuto Marzo!

Finalmente marzo! Non so cosa ci riserverà, ma sento che ci porterà anche qualcosa di bello. Tra i tanti proverbi e modi di dire che riguardano questo mese, riporto il più artistico: Marzo tinge, April dipinge che non ha bisogno di spiegazioni. La primavera meteorologica (dal primo marzo) e quella astronomica (quest’anno da lunedì 20 marzo) sono di casa, con gli effetti collaterali che coinvolgono tutti i sensi. Per di più cade anche il mio compleanno, una cifra tonda di cui parlerò più avanti. Credo sia condiviso il desiderio di lasciarci alle spalle le rigidità invernali e predisporci a godere della luce e del calore. Noto che anche i miei canarini cantano se c’è il sole e i gatti stanno fuori volentieri, anziché poltrire sulle poltrone. Del resto lo dicono anche gli specialisti che la luce consente alla vitamina D di fissarsi alle ossa (la mia collega di scienze potrà ridire su come lo semplifico, casomai chiedo venia) e di influenzare positivamente l’umore. Intendo stabilizzare il mio su un livello medio-alto, sperando che gli eventi non mi smentiscano. Quando la temperatura ritornerà gradevole – perché la settimana in corso è alquanto ventosa e freddina – mi dedicherò a mettere a dimora le piantine di fragole e le erbe aromatiche. Qualche geranio è sopravvissuto sotto il portico, ma ha bisogno di interventi risanatori. L’incenso c’è ancora e spero si espanda nel vaso diventato troppo grande. Mi piace strofinarne le foglie che sprigionano un gradevole odore di intimità. Dal balcone osservo il vecchio albicocco che ha già le gemme rigonfie e credo mi regalerà una carezzevole fioritura. Dante aveva ragione a dire che i fiori sono una delle cose rimasteci del paradiso. Sempre che, a causa di comportamenti sconsiderati non trasformiamo l’eden in un inferno. Benvenuto marzo!

Il dono del tempo

Prima di riprendermi dal mio riposino pomeridiano – che in realtà parte tardi per incombenze varie – verso le 16.30 su Rai3, la garbata conduttrice Sveva Sagramola intervista l’ospite, Monica su un argomento molto interessante: Economia del dono, ovverosia uno scambio di oggetti e/o servizi senza intervento di denaro. Monica, di cui mi sfugge il cognome e che ha bellissimi capelli ondulati porta l’esempio di una vecchia macchina da cucire donata, con cui è stato attivato un corso per imparare a confezionare capi in proprio. Mia madre mi raccontava che da bambina andava da una sarta per apprendere i rudimenti di taglio e cucito. Con la crisi economica e la necessità di risparmiare, mi pare un’ottima idea. Mi risulta, per diretta testimonianza di un aderente, ora trasferitosi in Piemonte che nel vicino paese di Crespano del Grappa (dove ho insegnato per una decina d’anni nella scuola media Antonio Canova) funzionasse La banca del tempo, dove veniva offerto del tempo per risolvere svariati problemi. Iniziative simili credo siano diffuse un po’ dovunque, grazie all’apporto vitale dei volontari. Insomma, ciò di cui parla il programma succitato propone un modello economico in realtà già sperimentato e ritornato in auge, con la risoluzione della pandemia. Anzi, mi sovviene la locuzione latina Do ut des (do a te perché tu dia a me) usata nel diritto romano che si riferisce a un tipo di contratto dove avviene una permuta. Una formula per indicare un patto che risale al terzo secolo dopo Cristo. La riflessione che mi viene spontanea, da non esperta è che torni utile recuperare ciò che funzionava anche nel passato, aggiornandone il nome, rispolverando abilità e conoscenze, per condividere il piacere di stare insieme e di donare qualcosa di sé agli altri.

Metà febbraio

METÀ FEBBRAIO Merenda sotto il portico, in compagnia dei canarini che cantano al tiepido sole. Temperatura gentile di quindici gradi. Un gatto dorme sulla poltroncina di vimini, l’altro si guarda in giro. Dopo tanto mi concedo di mangiare uno yogurt fuori, con indosso la giacca. Unica nota stonata: uno sgradevole odore di liquami versati nei campi vicini. Ogni tanto transita un’auto e poche persone dirette al vicino camposanto. Credo che l’inverno sia alle spalle, me lo conferma la luce che allunga la giornata e dispone a pensare positivo. Manca però sorella acqua, per dirla come la chiama il poverello di Assisi nel suo Cantico delle creature, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura. Dovremo abituarci a risparmiarla e magari a pensare a un nuovo tipo di agricoltura, privilegiando colture che ne esigano meno. Giusto stamattina è venuto a darmi una mano Reginaldo che ha dissodato un angolo dell’ex orto, per metterci a dimora tra un po’ delle piante di zucchine, di cui apprezzo i fiori gialli e gli ortaggi verdi a barchetta che consumo in svariati modi. A tempo debito, metterò erbe aromatiche e pomodori datterini in vaso, nella zona del garage a sud-est dove riceveranno il sole del mattino. Non ho la presunzione di avviarmi in attività per me nuove, ma sono disposta a imparare da chi mi può sostenere e contemporaneamente godermi la parte verde della casa. La mia dedizione prioritaria va ai gatti e ai fiori, sperando che i micetti non mi sotterrino i bulbi, come ho visto fare. Devo avere un sacco di attenzioni perché gli amici a quattro zampe non vanifichino il mio impegno verso le future piantine. Una casa senza fiori per me è impensabile. Adesso è il momento di progettare le future aiuole, distribuire i colori, diversificare le specie, un’attività che mi instilla il buonumore. Faccio mio il pensiero di Vincent Van Gogh: E poi, ho la natura, e l’arte e la poesia, e se questo non è sufficiente, cosa posso volere di più?

Carnevale 2023

Sento odore…di frittelle, crostoli e castagnole, i dolci tipici del carnevale. Veramente è già da un po’ che fanno bella mostra nel panificio locale, ma confesso che non sono molto attratta dal fritto e preferisco le creme. Ad essere sincera, non stravedo neanche per le maschere, i coriandoli e gli scherzi in generale. Salvo qualche eccezione che si distingua per cura e buongusto. Sento parlare di imminenti sfilate di carri allegorici nelle cittadine vicine, ma la cosa non mi tocca: mi spiace, non mi piace il baccano. Rimedierò seguendo quelli di Viareggio dalla poltrona. Però ho ricordo di quando mamma mi vestiva da fatina, nel quale personaggio non mi identificavo perché l’ho sempre detestata: troppo ‘costruita’, con la bacchetta ‘magica’ di plastica ed il cappello a punta! Molto meglio la zingara o chiromante, vestita quasi di stracci ma che sapeva leggere la mano! Poi c’è stato il tempo della geisha, tutta stretta nel chimono e con gli occhi bistrati, una simpatia per il Giappone che dura tuttora. In seguito ho smesso di calarmi nei panni di chicchessia, anche solo per una sfilata. Le maschere mi procurano disagio, le sento false. Forse non so stare al gioco. Anche mio figlio da piccolo non sopportava Arlecchino, talis pater/mater talis filius, esempio di trasmissione di gusto. Comunque, dopo la clausura emotiva imposta dalla pandemia, ben venga il recupero di una tradizione legata al periodo che precede la quaresima, durante il quale si rimedia agli eccessi con il digiuno. Credo che i più coinvolti siano i bambini, per la voglia di immedesimarsi in un personaggio – spesso dei fumetti o dei cartoon – a loro caro. Mi sovviene un aneddoto curioso: circa trent’anni fa, in tempo di carnevale ero all’ Upim con mio figlio, attratto dal costume di Aladino, che conosceva dalla tivù. Mi chiese con candore se il tappeto allegato volasse! Ovviamente sorrisi e mi dispiacque deluderlo. La fantasia va tenuta a bada…

I giorni della merla

Ci siamo: 29, 30 e 31 Gennaio sono conosciuti come i Giorni della Merla, secondo la tradizione i tre giorni più freddi dell’anno. Beh, che sia freddo mi pare normale: siamo in inverno, capitato piuttosto bruscamente dopo un autunno lungo e caldo. Le previsioni meteo attendibili non vanno oltre i cinque giorni, perciò mi sembra che non ci sia nulla di nuovo sotto l’orizzonte. Se c’è il sole, come oggi sono più contenta, mentre l’umido e la pioggia mi intristiscono. Tornando ai giorni della merla, la leggenda più quotata è quella della merla bianca, rifugiatasi in un comignolo coi suoi piccoli per ripararsi dal freddo intenso, da cui se ne partì col piumaggio diventato scuro, per via della fuliggine. Ma trovo attraente anche un’altra leggenda, di tradizione pagana, secondo cui la merla è vista come messaggera dell’arrivo della primavera. Gli antichi vedevano gli uccelli come messaggeri degli dei. Persefone (o Proserpina in latino), dea degli inferi e dell’oltretomba, rapita da Ade che se ne è invaghito, può uscire dalle tenebre solo con la bella stagione, previo avviso alla madre Demetra (Proserpina o Cerere in latino) che presiede la natura, i raccolti e le messi. Informa del suo arrivo attraverso un uccello messaggero, la merla appunto. Trovo intrigante l’intreccio tra inverno e primavera, tra ‘Inferi e Superi’, tra figure mitologiche e creature umane. Il culto della dea Persefone era particolarmente diffuso, per la molteplicità dei significati: fertilità della natura, morte e rinascita, il ciclo delle stagioni. A me piace assai che gli uccelli siano considerati messaggeri degli dei. Abitando il cielo, sono equidistanti tra noi terreni e il divino. Sentirli cinguettare, anche senza conoscere le leggende mitologiche pure affascinanti, per me è un conforto. Vale anche per i pennuti che non cantano, merla compresa.

Capodanno

In cucina, col profumo di mele cotte che si espande dal vecchio fornetto di mamma, dal Quirinale a reti unificate seguo il Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo dello Stato parla in piedi, senza interruzioni per circa venti minuti, sguardo dolce e voce ferma. Penso che avrebbe potuto godersi uno scampolo di pensione, se non fosse stato caricato di un altro settennato. Perciò tengo conto delle sue parole, più che negli anni scorsi. Non delude le aspettatuve perché lo trovo lungimirante e attento, mai pedante e riguardoso sempre verso le istituzioni e le persone. Un Presidente che fa onore all’Italia. Rende omaggio a Papa Benedetto XVI appena scomparso e a Giorgia Meloni, prima premier donna. Parla della complessità dei fenomeni globali che ci coinvolgono, ricorda la guerra in corso, augurandosi il silenzio delle armi per l’anno nascente, nomina le ragazze dell’Iran, i ragazzi russi che si oppongono al regime autoritario…la Costituzione, il pianeta da mettere al sicuro, i giovani che gli stanno a cuore e non devono perdere la vita per un atto di disattenzione. Conclude il suo dire – misurato ed esaustivo – con le parole che mi annoto: Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani. Abbiamo fiducia. Buon anno! Personalmente, dopo il suo discorso mi sento rincuorata, spronata a vedere la luce in fondo al tunnel, oppure il bicchiere mezzo pieno. Per me il Presidente è come un fidato professore che indica la via. A percorrerla siamo noi, mettendo in atto le strategie dell’accorto viandante. Mi soccorre una frase sul futuro di Abramo Lincoln, 16esimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865) letta sul calendario letterario dell’estetista Grazia venerdì scorso: La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta. E va bene così, buon anno!