Addio a Michail Gorbaciov

Quando assegnarono il Nobel per la Pace a Michail Gorbaciov nel 1990 fui contenta: mi piaceva quell’uomo coraggioso, con la moglie Raissa sempre accanto e la voglia sulla fronte, quasi un tatuaggio naturale di distinzione. Ieri è mancato, a 91 anni, dopo una lunga malattia. Sentita la notizia, ho pensato che finalmente si è ricongiunto all’amata moglie, morta il 20.09.1999 che una testata di allora definiva “L’altra metà della Perestrojka”, intendendo con la parola Perestrojka (“Ricostruzione “) il complesso di riforme politico-sociali-economiche avviate a metà degli Anni Ottanta in Russia dal segretario del PCUS. Di fatto Gorbaciov mise fine alla guerra fredda e appoggiò Solidarnosc (“Solidarietà”), il sindacato autonomo dei lavoratori, guidato inizialmente da Lech Walesa. Grazie al suo operato: “Ha aperto la strada all’Europa libera” – parole di Ursula von der Leyen – riportando successi più in politica estera che interna dove ebbe chi gli remò contro, tanto da renderlo: “Un grande rinnegato dal suo popolo” (non mi sono annotata chi l’ha detto). Di sicuro il Nobel per la Pace gli fu conferito a ragion veduta, anche in omaggio alla sua politica lungimirante. Purtroppo pare che le lancette della Storia siano tornate indietro, dato che è in corso da oltre sei mesi la guerra Russo – Ucraina ed incombe il pericolo di una guerra nucleare, già paventato da Gorbaciov. Seguo la politica q.b. come una pietanza difficile da realizzare e non ho argomenti sostanziosi da introdurre. Mi attrae l’aspetto umano del personaggio e la lunga vedovanza subìta, senza la sua amata consorte, ultima First lady sovietica (fondò anche un’associazione per favorire l’ingresso delle donne in politica). Una coppia bene assortita e operosa. Anche questa è eredità!

Flamenco e Tango

A 78 anni è morto il chitarrista e compositore spagnolo Manolo Sanlúcar, maestro del flamenco. Non lo conosco ma mi riprometto di farlo. Ora, la parola ‘flamenco’ mi ricorda che qualche anno fa ho scritto un racconto intitolato Flamenco Therapy, risultato poi finalista ad un concorso letterario a Savona. Il flamenco è vicino al tango, che è la mia danza preferita, anche se ora non la interpreto più. Riguardo al flamenco, le sue origini si perdono nella storia della Spagna, tra i popoli perseguitati del Paese – i gitani, i mori, gli ebrei – e il significato della parola pare sia “fenicottero” che rende bene l’idea del ballo, fatto di movimenti sinuosi del busto, colpi di tacco e grande espressività. Canto e nacchere accompagnano la musica di una chitarra. Indubbio il fascino misterioso e travolgente che suscita. Il legame col tango si deduce anche dal fatto che esiste un ‘tango flamenco’ che è un genere del flamenco, “strettamente relazionato in forma e feeling alla rumba”. Ma lascio le informazioni tecniche per accennare al mio racconto, che nelle intenzioni dovevo ampliare in romanzo. La protagonista soffre di anemia mediterranea, problema che la limita e la isola: reagisce, seguendo un corso di flamenco che le restituisce energia e coraggio, durante un percorso dentro e fuori di sé che la avvicina agli artisti di strada. Il messaggio palese è che l’arte salva sempre. Se i lettori mi offrono uno spunto, per riprendere in mano la storia e continuarla, tante grazie. Intanto ripasso i passi (chiedo scusa per il gioco di parole) del tango, su cui ho volteggiato parecchio da ragazza, per esprimere il mio spirito in cerca di ossigeno e di libertà.

Calamita perversa

Quando si dice… invadenza della fatalità: tra tante notizie di cronaca luttuosa ne segnalo due: la morte dell’imprenditore dolciario Alberto Balocco, 56 anni, colpito da un fulmine insieme con un amico, mentre percorreva in bici la zona dell’Assietta, nel Torinese e la morte della piccola Lavinia, 7 anni, travolta da una statua di marmo in giardino, mentre era in vacanza in Germania, a Monaco di Baviera. In entrambe le situazioni, la parola vacanza si congiunge con la parola morte, in una sorta di calamita perversa che non lascia scampo. Provo cordoglio per entrambe le vittime: ammirazione per l’industriale, capo di una grande famiglia e padre di tre figli, stupore e turbamento per la piccola Lavinia, strappata alla vita sotto gli occhi dei genitori, per cui: “Sei e sarai sempre il nostro angelo, amore della nostra vita”. Mi mancano le parole per esprimere il disagio che provo anche a parlarne. Ma mi sforzo, per una sorta di omaggio pietoso che intendo riservare alle due vittime succitate, rappresentative di tante altre che appesantiscono la tremenda estate, si spera in via di dissolvimento. La parola più vicina al mio sentire è ‘sgomento’ che ha il suo contrario in ‘tranquillità’. Infatti, come rimanere tranquilli difronte a certi attacchi del destino? Bisognerebbe essere educati presto agli incerti della vita, non per rattristarci e vivere in uno stato d’ansia, bensì per apprezzarne ogni sfumatura, consapevoli che siamo come dei fili d’erba, efficace immagine di Blaise Pascal (Clermont-Ferrant, 19.06.1623 – Parigi, 19.08.1662) – filosofo – e matematico – scoperto in gioventù, che tuttora mi sostiene. Dopo vado a cercare in studio i suoi Pensieri. Eppure percepisco in giro frange di onnipotenza, come se la vita, unica e irripetibile ci fosse dovuta fino a cent’anni. Spero di sbagliarmi.

La meraviglia dell’arte

La vacanza culturale è quella che preferisco, magari comoda a due passi da casa. Succede stamattina quando vado a vedere, in compagnia della fidata Lucia la mostra a Possagno (ingresso stradone) dove espongono Mary Vardanega, Riccardo Cunial, Pierfrancesco Vardanega, fino al 4 settembre, IN OMAGGIO ALL’ ILLUSTRE POSSAGNESE ANTONIO CANOVA A 200 ANNI DALLA SCOMPARSA (1822-2022), come recita l’opuscolo illustrativo. Intanto mi permetto di dire che Canova sarebbe lusingato di avere compaesani artisti di tale levatura: le opere esposte parlano da sole, che si tratti del bellissimo Gesù scolpito nel legno di Pierfrancesco, oppure dei nove ritratti accolti nella stessa cornice di Riccardo, o ancora delle “Roe” di Mary che mi fanno pensare ai grovigli spesso menzionati da Noè Zardo, il mio amico pittore. Con Mary mi trattengo a parlare, incuriosita e affascinata dalla sua disponibilità alla conversazione che di per sé è già un dono. Sapevo che dipingeva, ma la ricordavo che suonava la fisarmonica, strumento che amo. Apprezzo la sua pittura energetica e realistica, che suscita emozioni. Le chiedo quando è emersa questa dote e mi risponde con un aneddoto: a scuola elementare le era assegnato un posto in fondo all’aula…per meriti, nel senso che disegnava soggetti vari, su richiesta della maestra, allertata dal suo talento! La vita non le ha risparmiato sorprese e dolori, anche fisici, ma lo spirito che emana questa cordiale signora con la chioma bianca e gli occhi azzurri è quello di una ragazzina, tuttora curiosa e innamorata della vita, in tutte le sue declinazioni. Confermato dalle significative parole, non a caso riservate all’ultima pagina del catalogo, quale confidenza: “La mia vita è amore, arte, musica”. Un progetto che è anche un invidiabile modello di vita.

Serata in musica

Grazie alla mia amica Lucia, che ama la musica e canta partecipo al Concerto I Tre Tenori – I Concerti della Rinascita I Luoghi della Bellezza – con l’Orchestra Sinfonica del Veneto diretta da Marco Titotto, nella Villa Barbaro di Maser, splendida cornice di un evento culturale che coniuga musica, letteratura, interpretazione, recitazione, architettura. Superfluo ricordare che la Villa è stata progettata e costruita da Andrea Palladio nel 1560 e contiene affreschi di Paolo Veronese. Dettaglio non trascurabile: lo spettacolo è gratis, grazie agli sponsor e al padrone di casa, Vittorio Dalle Ore. Arriviamo per tempo: da una strada laterale bordata di lumini che fanno anche atmosfera, raggiungiamo l’ingresso che superiamo verso il Ninfeo sul retro, luogo dell’evento dove abbiamo il piacere di rivedere una cara collega, Rossella con la madre, giunte da Treviso. L’evento era su prenotazione, in in breve tutti i posti a sedere sono occupati e la magia delle note ha il sopravvento. In programma ci sono quindici brani, esaltati dalle voci dei tre tenori Walter Fraccaro, Cristian Ricci e Miro Solman che sostituisce Fabio Armiliato. Tosca, Catilina, Pagliacci… O sole mio, Nessun dorma, sono i primi e gli ultimi del programma. A tratti sento Lucia sussurrare qualche passaggio vocale. Tra una esecuzione e l’altra, Federica Morello, la presentatrice legge versi di Dante e di Catullo che evocano dolci ricordi di scuola. L’Orchestra Sinfonica del Veneto, composta da più di quaranta strumentisti perfettamente armonizzati, è da sola un’attrazione unica. Emozionante e rivitalizzante concedersi il piacere dell’ascolto, in ampia compagnia. Peccato che l’intrattenimento finisca. In circa novanta minuti di spettacolo abbiamo ricaricato le pile per tutta la settimana. Grati agli organizzatori e orgogliosi del patrimonio culturale italiano.

Vittime della strada

Morire a 22 e donare gli organi. Succede a Roseto degli Abruzzi (Teramo), lei è Flavia Di Bonaventura, studentessa all’accademia di Belle Arti di Roma, descritta da tutti come “una giovane molto brava, con un talento per l’arte”, nipote del famoso pittore Riccardo Celommi. Mentre tornava a casa in bici con due amici coetanei, Flavia è stata investita da un automobilista di 34 anni, risultato positivo all’alcoltest e senza assicurazione. La ragazza ha donato gli organi – desiderio espresso in vita – che daranno speranza a cinque persone. Il padre dice: “Era un dono di Dio… Adesso è certamente un angelo di Dio”, testimonianza seguita da una descrizione bellissima della figlia che aveva il futuro proiettato nell’arte. Mi commuove molto questa storia, simile a tante altre con vittime di incidenti stradali, ma anche diversa per la scelta fatta dalla giovanissima ragazza di donare gli organi, in caso di morte. Non è consueto che un giovane, con tutta la vita davanti, pensi a una tale eventualità. Vero che Flavia era un’artista e gli artisti sono dotati di particolare sensibilità. Immagino che l’immenso dolore dei familiari sarà lenito dal suo genero gesto. Ogni giorno l’attualità segnala morti sulle strade e la provincia di Treviso vanta in questo ambito un triste primato. Ieri, l’ennesimo incidente mortale a Castelfranco ha coinvolto il 17enne Kevin Carraro (avrebbe compiuto 18 anni a giorni), mentre tornava a casa in bici. Mi colpiscono le parole del Comandante della Polizia Stradale Simone Morello: “Non esistono strade killer ma comportamenti scorretti. Necessaria una maggiore cultura della sicurezza”. Come non essere d’accordo? L’aggressività accumulata durante la lunga pandemia si riversa anche nella guida, l’ho sperimentato di persona. Già non mi piaceva stare al volante, per la tensione che mi procurava. Dopo l’incidente subìto nel 2016 che mi ha procurato la frattura dello sterno – e poteva andarmi peggio – recalcitro per mettermi al volante e sto sul chi va là anche come pedone. Penso di tutelarmi così, perché il pericolo è sempre dietro l’angolo.

Soddisfazioni quotidiane

Oggi giovedì, mattinata pienissima: esco prima delle nove per delle commissioni nei paesi vicini e ritorno a Castelcucco per le dieci circa, in orario di pieno mercato. Parcheggio in garage l’auto e mi dirigo a piedi in piazza. Mi fermo davanti al banco dei fiori dove compero una verbena bianca e rossa da sostituire con quella morta per il caldo; visto che farò tardi acquisto anche il pranzo al banco del pesce: insalata di mare e spiedino, cui aggiungerò solo l’insalata. Così non perdo tempo ai fornelli e mi occupo di altro. Posso permettermi la puntatina al bar Mirò, dove Gabriella serve ai clienti un cappuccino bello e buono. Stamattina l’aiuta Cristina, la sorella maggiore (sei fratelli, 4 femmine e 2 maschi), una bella signora sorridente, già nonna di Nicolas, figlio di Alessia e Mattia, pronipote della signora Lina). Primo dato che emerge: due sorelle che si aiutano, belle dentro e fuori. Secondo dato: mi arriva il cappuccino decorato con la scritta “Grazie” che evito di smontare, rimestando lo zucchero col cucchiaino. Sono stupita e chiedo perché: giorni fa ho scritto un post nominando il nipotino, che deve essere una delizia (alla nascita, il decoro sul cappuccino era il neonato!). Terzo dato: Gabriella mi concede qualche minuto di confidenze e scopro che ha costruito la sua struttura di attenta barista, approfittando della scuola di vita, quando da piccola doveva tenere testa ai fratelli/sorelle più piccoli. Un esempio di gestione familiare che ha dato i suoi frutti, al netto dei sacrifici e delle rinunce. Intuivo di scegliete il bar per motivi che vanno aldilà della consumazione, ma ora ne ho la certezza. Tra l’altro il “Mirò” è sempre affollatissimo e può darsi che anche altri clienti agiscano spinti da una molla inconscia: peccato che il locale sia piccolo, la titolare meriterebbe di poterlo ampliare. Lo considero un’alternativa alla biblioteca, che pure in paese c’è: ma lì domina il Silenzio, al bar Mirò l’Accoglienza! Brave Gabriella e Cristina: lunga vita al servizio fatto con testa e cuore!

Oggi, San Bortolo

San Bartolomeo, il santo del giorno, oggi 24 agosto. In paese c’è il colle di San Bortolo dove è già avvenuta la Festa Alpina, cui ho partecipato anch’io, che avrà un seguito a fine settimana con la Festa del Cacciatore. A Possagno, dove ho abitato da ragazza, in contrada Vardanega c’è la chiesetta dedicata al santo, protettore dei bambini nella città di Pistoia, che gli dedica un culto particolare esteso su tre giorni. Il suo nome significa “dono di Dio” oppure “figlio del valoroso” e il colore del nome Bartolomeo, secondo l’arte dell’ onomanzia è il viola. Discepolo di Gesù, uno dei dodici che ne seguì la vita pubblica, predicò e diffuse il Vangelo in India e in Armenia dove subì il martirio, avendo suscitato le antipatie dei sacerdoti pagani. È uno dei santi più amati e venerati in Italia, protettore di macellai, pellicciai, conciatori, calzolai e lavoratori di pelli, per via del martirio subìto, tramite scorticazione. È anche Patrono delle Isole Eolie dove, secondo la leggenda giunsero le sue spoglie dentro una cassa di marmo, gettata in mare dagli infedeli. Se penso alla diffusione del nome, non mi è mai capitato di spuntarlo negli elenchi di scuola, ma un Bartolomeo – Vanzetti – è stato nominato e ricordato varie volte. Insieme con l’amico Nicola Sacco fu giustiziato in Massachusetts sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927, perché attivista anarchico: esecuzione di due immigrati italiani, imprigionati e ingiustamente accusati. Insomma, considerati “due agnelli sacrificali”, immolati sull’altare non della religione ma della politica. Per deformazione professionale, mi sovviene anche la strage compiuta a Parigi, in Francia nella notte di San Bartolomeo del 1572, contro gli Ugonotti, dalla fazione cattolica. Ordinata dalla regina madre Caterina de’ Medici, provocò la morte di migliaia di protestanti francesi. Mi rendo conto che attorno a un nome…viaggiano tante storie. Per restare in ambito e tempi recenti, mi sovviene che Bartolomea si chiamava la superiora della Scuola Materna frequentata da mio figlio (una trentina d’anni fa). Auguri a chi porta questo nome e saluti cordiali ai lettori!

Dietro le quinte (di casa)

Stamattina lavoro con Manuel, la mia spalla destra e sinistra a collocare altre mie opere in internet, tramite Amazon, di cui sono diventata “partner venditore”. Si tratta dei romanzi PASSATO PROSSIMO, UNA FOGLIA INCASTONATA NEL GHIACCIO e della raccolta di 365 articoli POST PER UN ANNO, postati sul mio blog vebameaada.com lo scorso anno. Approfitto per ricordare che il blog è attivo e ogni giorno accoglie una mia riflessione, oggi di ambito privato, anche se gli argomenti più frequentemente trattati riguardano l’attualità. D’altronde c’è bisogno pure di leggerezza, tra tante notizie pesanti, come sottolinea una mia lettrice. Al netto del tempo trascorso per capire come muoversi, la cosa funziona così. Avviata la procedura per diventare “cliente venditore” di libri, il testo va registrato con le misure richieste – peso, altezza, numero di pagine, genere letterario, copertina davanti/dietro/di profilo, quantità, prezzo, codice ISBN…e si attende l’ok con l’invio delle etichette da apporre sul retro. Questa parte mi coinvolge, perché mi limito a tagliare lo scock da posizionare sopra le etichette che Manuel provvede a stampare e a tagliare con la taglierina, passando dallo studio/laboratorio ad altra stanza/didattica. L’ultima parte riguarda l’imballaggio del prodotto, che va pesato, sia per unità che nella somma degli articoli. Anche il contenitore, cioè lo scatolone deve indicare le misure, prima di essere bene sigillato ed essere munito di scheda di riconoscimento, nel mentre arrivata via stampante. Un lavoretto niente male, se il pc non fa le bizze e allunga i tempi di attesa. Comunque, dopo un lacerante apprendistato posso dire che adesso, col secondo carico di libri proposti – finora sette – mi sto quasi divertendo! Manuel è semplicemente indispensabile e in sua compagnia imparo e mi diverto. Lui è l’eredità più bella ricevuta dalla scuola con il pensionamento. Spero che Amazon mi dia una grossa mano nella distribuzione e a dare visibilità alle mie opere. Cosicché possa dedicarmi alla creazione di un’altra creatura letteraria. Cari lettori, oggi vi ho informato di ciò che succede dietro le quinte. Non lasciatemi sola!

Padri e figli (in Russia)

Uomo del mio tempo, di Salvatore Quasimodo (Nobel per la letteratura nel 1959), termina con l’accorato monito: “Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue/salite dalla terra, dimenticate i padri:/le loro tombe affondano nella cenere,/gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”. La poesia mi è tornata in mente quando ho sentito la notizia dell’attentato a Mosca dove è morta Darya Dugina, 30 anni, figlia dell’ideologo di Putin, Oleksandr Dugin, destinatario della bomba. La figlia aveva partecipato col padre ad un evento culturale. Era alla guida del veicolo saltato in aria, dove sarebbe dovuto esserci lui, all’ultimo momento salito su un’altra macchina, scampando così alla morte. Russia e Ucraina si accusano reciprocamente di essere i responsabili dell’accaduto. Personalmente provo molta tristezza per la giovane vittima, pensando che sia stata tolta di mezzo, al posto del padre. Che non starà certo tranquillo e si sentirà responsabile della sua violenta morte. Con tanti figli che contrastano i genitori, Darya è un esempio in controtendenza, almeno da noi nel mondo occidentale. Autrice di un libro in uscita in autunno, dal titolo “Libro Z”, era laureata in filosofia. Chiamata comunemente con il vezzeggiativo “Dasha”, diceva di avere Antonio Gramsci come riferimento culturale. Era di certo una persona impegnata che condivideva il pensiero paterno. Mi fa tenerezza pensare a un legame tanto profondo quanto inconsueto, tra generazioni solitamente in conflitto. E provo pietà per la giovane vittima che aveva una carriera in ascesa e tutta la vita davanti. Non vorrei essere nei panni del padre, che avrà molti demoni – anche privati – contro cui combattere.