La bellezza salverà il mondo

Come ogni domenica sera, su Rai3, Fabio Fazio intrattiene i suoi ospiti con garbo su alcuni fatti di attualità. Piuttosto sgarbata – ma è una comica – è Luciana Littizzetto, che tra una battuta e l’altra pensa alla grande, sconfinando in cielo. È ciò che si è inventata ieri sera, scrivendo una lettera addirittura al Padreterno, a causa della recentissima guerra in Ucraina. Temo che la sua audacia le attirerà degli strali, ma comprendo lo spirito di chi gioca l’ultima carta, non sapendo a chi appellarsi. D’altronde non offende nessuno, anche se fa nomi e cognomi di chi ha scatenato il putiferio e deve rinsavire. “A mali estremi, estremi rimedi” dice un proverbio, e non c’è ombra di dubbio che la guerra in Europa non era prevista (ma prevedibile). Tra l’altro, se ho inteso bene, apprendo stupefatta che Putin ha accennato a una “allerta nucleare”…giusto per non farsi mancare nulla! Non so come quest’uomo dorma di notte – se dorme – se ha degli affetti… ambizioni tantissime sì, e a lungo termine. Evidentemente l’avanzare del tempo non lo spaventa, si ritiene votato alla longevità. Che abbia fatto un patto col diavolo? Allora sì che la lettera strampalata, ma non troppo della Littizzetto giunge opportuna! La trasmissione AGORÀ informa che a breve è previsto un incontro Russia-Ucraina per “Trattativa nucleare” che auspichiamo salvifica. La parola nucleare mi inquieta, mentre trattativa mi predispone a sperare. Emetto un sospiro di sollievo e spengo il televisore. Ho bisogno di staccare dalle notizie pesanti. Dato che è lunedì vado al mercato di Fonte. La mia prima bancarella è quella dei fiori che offrono uno spettacolo di serena e gratuita bellezza. Sperando che la frase di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo” si avveri.

Arte e guerra

Mi arriva da Possagno su WhatsApp la foto di un’opera di Antonio Canova, LA PACE, che si trova al museo dell’arte di Kiev attualmente sotto assedio. In Gipsoteca si trova il gesso, danneggiato durante la guerra e ricostruito: parallelismo significativo. Mi soffermo un attimo sulla statua, considerata un’opera cardine dell’artista, per la qualità compositiva e per il forte significato allegorico e simbolico: la figura alata (alta quasi due metri), in piedi, schiaccia la testa di un serpente, simbolo della guerra, a significare la vittoria del bene sul male. Commissionata al Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822; quest’anno centenario della morte) dal principe russo Nicolaj Rumianzev, viene realizzata tra il 1811 e il 1815 e allude alle complicate vicende politiche di quegli anni in Europa. Ribadisco che il marmo si trova nel museo di Kiev, dove era giunto dalla Russia nel 1953. I parallelismi offerti dall’Arte dovrebbero indurre a pensare positivo e toccare l’animo dei governanti ossessionati da mire espansionistiche. A proposito di parallelismi, seguo la rassegna stampa in tivù e vedo che una testata mette a confronto il leader russo Vladimir Putin con Volodymyr Zelensky, ex attore e comico ucraino, dal 20 maggio 2019 Presidente dell’Ucraina. Mi colpisce di quest’ultimo il coraggio e l’intenzione di resistere, anziché mettersi al riparo con l’appoggio degli Americani. In una recente apparizione pubblica ha detto che poteva essere l’ultima volta che lo si vedeva vivo…sono dichiarazioni angoscianti, come le foto degli obiettivi colpiti, dei civili nascosti nei bunker, dei profughi in marcia. Senza contare che il peggio non ce lo fanno vedere. Eppure la Pace, l’Arte, la Cultura…la Vita delle persone sono gli obiettivi verso cui dovremmo convergere tutti. Se non si è preda del serpente velenoso ai piedi della Pace canoviana.

Il bicchiere mezzo pieno

Andrea Nicastro, inviato del Corriere, in collegamento da Mariupol ha riferito il pensiero di un soldato che mi ha colpito: “La guerra non è una partita di calcio”. Oggi terzo giorno di guerra, combattimenti feroci in Russia…ultimo sabato di febbraio 2022. Vorrei parlare di primavera, luce, aria nuova…del mio vecchio albicocco che si sta rinnovando: sui rami più alti ho notato stamattina le gemme rosate, come piccole perle beneauguranti. L’avevo dato per morto, invece mi darà consolazione anche quest’anno! Mi hanno commosso le immagini di sfollati con in braccio il cane o il gatto, fedele amico da portare nel rifugio per scampare alla morte che arriva dal cielo o dall’artiglieria. Stanotte, nel rifugio della stazione metropolitana di Kiev è nata Mia: un segno di rinascita! Stavamo per accantonare il problema covid che ci angustia da un paio d’anni, ora scavalcato da uno più grande, da attribuire non a un virus microscopico, ma alle mire espansionistiche di un leader innamorato del passato. Non so se la diplomazia farà il miracolo di congedare l’evento bellico in corso come guerra-lampo, vorrei dimenticare in fretta questa orribile pagina di attualità. Provo un moto di attrazione e repulsione per le notizie, timorosa di dover prendere atto di una escalation del male, con tutti gli annessi e connessi. Siamo stati già allertati, con l’aumento delle bollette e dei prezzi di dover tirare la cinghia e il futuro economico a medio termine non è certo roseo. Sulla tenuta psico-fisica delle persone ho delle riserve, a partire da me che mi scopro…scoperta (chiedo scusa per il gioco di parole), con dei momenti di scoramento quando vedo obiettivamente il bicchiere mezzo vuoto. Però un impulso che viene da lontano mi invita a considerarlo mezzo pieno. E così me lo bevo.

Male che torna

Sono riemerse nel quotidiano parole che si credevano confinate nel passato: attacco, sfollati, sanzioni, rifugi…morti. E tutto succede in un continente che ha subìto due guerre mondiali da non troppi decennni. Quando insegnavo, nelle classi terze affrontavo l’argomento della guerra – due guerre mondiali – da lontano, perché i ragazzi erano recalcitranti alle tematiche forti (oppure io non sapevo essere attrattiva); partivo da una lettura, oppure da una poesia di chi la guerra l’aveva vissuta sulla pelle, così rompevo il ghiaccio. Dai banchi arrivava la testimonianza di uno studente con un nonno o un parente deportato o sfollato. Ora che ci penso, anche Possagno dove ho abitato subì l’esperienza del profugato durante la grande guerra. Lo attesta una lapide sulla casetta attigua al municipio dove, a ricordo della guerra 1915-18 si legge: Da qui i Possagnesi partirono profughi per la Sicilia e altre città dell’Italia. Pochi testimoni ne hanno parlato, perché farlo significava riaprire una ferita. Tuttavia non è difficile immaginare il disagio di chi era ed è costretto ad abbandonare la propria casa, cari e abitudini, in seguito a eventi bellici o altri cataclismi. Di recente in un post ho ricordato l’esodo da Pola, magnificamente rappresentato in musica da Sergio Endrigo con la canzone 1947. Purtroppo la storia si ripete, anche se un poco spostata nello spazio, ma simile nelle ripercussioni. Non sono un’esperta di questioni internazionali e seguo quanto basta ciò che succede per sentirmi partecipe, senza tuttavia farmi troppo coinvolgere. Da amante dei felini, prendo le distanze da situazioni problematiche, ma non ignoro le ripercussioni a livello emozionale. Da ieri l’Europa è sconvolta dall’aggressione russa all’Ucraina, la cui bandiera ha i miei due colori preferiti: il giallo, che richiama il sole, il grano e il celeste, allusivo di pace e di serenità. Voglia il cielo che non si macchi di sangue.

Una regina inossidabile

La notizia è di qualche giorno fa, ma mi piace riprenderla (mi disgusta parlare di guerra): la regina Elisabetta II, 95anni (96 ad Aprile) e regnante da 70, è risultata positiva al covid, pare trasmesso dal figlio, il principe Carlo, risultato positivo al coronavirus per la seconda volta, assieme alla moglie Camilla. Fonti di palazzo confermano che giorni prima aveva incontrato la madre. Lo staff della sovrana riferisce che Sua Maestà ha sintomi simili a un raffreddore e continuerà a svolgere mansioni leggere dalla sua residenza nel castello di Windsor. Un malizioso commento letto da qualche parte sostiene che Carlo abbia passato il coronavirus alla madre, dato che lei non si decide a cedergli la corona. Ammiro la tenacia di questa donna inossidabile e mi unisco ai messaggi augurali che le giungono dal Regno Unito e dal resto del mondo. Tra l’altro ama i cani, i cavalli e la fotografia, anche i colori pastello, a quanto deduco dai suoi monocromatici tailleur, con cappellino abbinato. Credo che sia una persona piacevolissima, costretta ad essere autoritaria in pubblico mentre nel privato la immagino dolce e saggia. Mi piacerebbe essere una sua “suddita”, per renderle omaggio e magari intervistarla. Diciamo che è un modello di donna tenace vincente, oltretutto longeva, molto longeva e lucida, vedova recente dell’anziano consorte Filippo, con qualche terremoto nel privato, ora provocato da un nipote, ora dalla nuora, ora da un figlio: insomma, complicazioni come in tutte le famiglie che si rispettino. Per certi versi mi fa pensare a Rita Levi Montalcini, la nostra scienziata premio Nobel per la medicina, chiusa in una torre d’avorio/castello, sacrificatasi per la ricerca della salute psico-fisica, mancata a 103 anni. Che la regina Elisabetta possa eguagliarla!

L’attimo fuggente

Mattina soleggiata. Tra un paio d’ore esco, perciò mi affetto a sbrigare un paio di faccende domestiche. Dopo aver servito la colazione alla gatta, al cane, a me stessa e ai canarini (l’ordine è fisso, perché Grey è bulimica e guai se non le allungo subito la manciata di croccantini) procedo per rifarmi il letto. Alle 8.30 la luce inonda tanto la mia camera, che si trova a est della casa, che devo accostare mezzo balcone. Penso con soddisfazione che tra sei giorni sarà marzo e l’avvento della primavera metereologica mentre per quella astronomica bisogna aspettare il 20 marzo. A proposito di astronomia, oggi è il compleanno della mia cara collega di matematica e scienze, che di astronomia si intende parecchio. Lei apprezza molto i miei muffin con carote e mandorle: per me è un piacere profumare la cucina con i dolcetti che sono diventati la mia specialità (preciso unica, perché sono negata ai fornelli…per quanto col tempo qualcosa ho imparato). Come convenuto, passo da lei che insiste per tagliare la torta, sebbene io ne farei a meno. Il dolce – un saint’honoré – è così buono che mi addolcisce il seguito della mattinata. Di passaggio, mi fermo a dare un salutino a un’altra collega, piacevolmente circondata da gatti che si rincorrono o che fanno le capriole sul porfido tiepido delle undici. Mafalda, la bellissima gatta grigia con gli occhi gialli ci osserva mentre parliamo, finché si distende sul muretto tra i vasi e i germogli delle giunchiglie, come una dea egizia. Troppo bello il messaggio che mi manda, per non fermarlo. Tablet alla mano, le scatto un paio di foto che mi guarderò al ritorno. Mi guarda: forse vorrebbe chiedermi qualcosa, oppure condividere qualcosa. Ciò che colgo è che bisogna godere dell’attimo fuggente, come fa lei. Una farfalla cattura la sua attenzione e l’incanto finisce. Anzi, continua in un’altra zona del giardino.

Fiori e Musica

Quando non so cosa scrivere sul post quotidiano, (evitando di proposito le brutte notizie che abbondano sempre) mi soccorrono le amiche, con i loro graditi messaggi e video. Stamattina mi viene in aiuto Marisa da Milano dove risiede; per cinque anni abbiamo condiviso la corriera – la mitica Cecconi – quasi un’ora per fare 18 km, fermate comprese, per raggiungere il liceo Brocchi a Bassano, in sezioni diverse ma unite noi dalla stessa fatica. Lei sa che amo i fiori e io so che lei ama la musica classica e suona il pianoforte. Mi invia un bellissimo video dove sbocciano fiori, sulla distensiva musica di Chopin: cos’altro? Sono 4 minuti e 35” di beatitudine, che mi immergono in un mondo paradisiaco: sbocciano bucaneve, primule, fiori di melo, giunchiglie… un uccellini blu risponde al richiamo di uno giallo, un solerte bombo è al lavoro sulle corolle. Il tutto accompagnato dalla sonata ristoratrice. Non so se il beneficio avvantaggi più la vista o l’udito…di certo dopo mi sento diversa, più leggera, come se avessi assunto un integratore per il benessere. Tra l’altro oggi, 22.02.22 mi viene segnalato da Novella che trattasi di data palindroma (si legge uguale da destra a sinistra e viceversa), che si ripeterà solo tra 180 anni. Inoltre due è un simbolo di quilibrio: armonia e caos si intrecciano armoniosamente. Insomma è un giorno carico di energia positiva: vuoi vedere che porta bene? Non mi intendo di numeralogia, però non mi dispiace approfittare di occasioni per pensare positivo, e questa è una. Inoltre giusto tra un mese sarà Primavera, con l’inverno e le sue restrizioni alle spalle. Speriamo che la data venga recepita carica di speranza e di aspettative positive anche nelle alte sfere dove si agitano nubi minacciose…

Protagonista il Veneto

Senza volerlo, ultimamente prendo spunto per i miei spot da trasmissioni televisive. Linea verde è in onda di domenica alle 12.30 su Rai1. Erica mi aveva informato che il 20 febbraio la puntata sarebbe stata dedicata al Veneto. Mi trovo in cucina al momento giusto (di solito molto più tardi) per non perdere il servizio, che mi godo dall’inizio alla fine. Lucia mi telefona per ricordarmelo. Sarebbe stato un peccato perdere la puntata che reputo di alto livello, passando da Valdobbiadene a Possagno, Bassano, Rosà, Roncade…in un crescendo di panorami e informazioni mai pedanti, grazie al tipo di format e alla narrazione gradevole di Beppe Convertini. Dico la verità: mi sono inorgoglita di abitare in una regione tanto interessante e bella. Ho delle amiche che abitano a Valdobbiadene, dove vado ogni tanto con piacere; ho abitato per circa trent’anni a Possagno, frequentando con riverenza la Gipsoteca del Canova; liceo classico a Bassano, con amica del cuore a Rosà…non conosco Roncade, ma la tengo presente per prossime uscite e magari poter degustare le specialità di un pluripremiato chef. Mi sono emozionata nel vedere alla luce dorata del crepuscolo il Tempio, dove portavo in passeggiata mio figlio bambino, ma anche le colline del prosecco e del cartizze, la fattoria sociale dove ragazzi diversamente abili fanno miracoli, lo staff tutto in rosa del caseificio dove lo stracchino viene incartato ancora a mano (per non danneggiarlo), la distilleria che lavora le drupe e produce il pruglolo gentile. Una regione dove Arte e Impresa si danno la mano e la Letteratura conta nomi importanti, tra cui Giovanni Comisso, noto scrittore, autore di un’opera che ignoravo: Veneto Felice, che racchiude nel titolo le risorse della regione, abitata da 4.858.091 persone (al 30.11.2021), me compresa. Onorata e contenta.

Morta di lavoro

In coda al programma del sabato sera su Rai3, condotto da Massimo Gramellini, ascolto il testo che il giornalista legge, intitolato MORIRE DI LAVORO, pubblicato sul Corriere della Sera del 18 febbraio, nella sezione # ilcaffedigramellini. Sara Sorge, 26ennne, infermiera, smontata dal secondo turno di notte consecutivo, per un colpo di sonno sbatte contro un palo di cemento e muore, a San Vito dei Normanni: non sul posto di lavoro, ma “di lavoro”. Laureata in scienze infermieristiche, lavorava da 20 giorni come infermiera all’Istituto San Raffaele, in provincia di Brindisi. Avevo già appreso la notizia, ma sentirla riproposta dal conduttore televisivo mi ha scombussolato, anche perché il caso sembra l’altra faccia del post che ho scritto ieri sulla lentezza. Soggetta a condizioni di lavoro al limite del sopportabile, la giovane è una vittima del lavoro e il suo incidente non va considerato un banale incidente stradale. L’ultimo sms al fidanzato parla chiaro: “Sono stanca morta”. Mi ritorna alla mente l’immagine dell’infermiera accasciata sul computer, quella per fortuna sopravvissuta. Cerco le foto in internet di Sara – di secondo nome o cognome fa Viva – e noto una bella ragazza sorridente, con lunghi capelli biondi… c’è anche quella del giorno di laurea con la corona di alloro sul capo. Una vita spezzata. Sono desolata e non posso fare niente. Salvo indignarmi come il giornalista, il quale evidenzia come non si possa attribuire l’incidente a un colpevole materiale…tuttavia uno c’è, enorme e inafferrabile: il “sistema”. Abbraccio virtualmente tutte le persone che lavorano in prima linea, oberate da troppo lavoro e impossibilitate a concedersi una salutare lentezza. Che Dio le protegga!

Evviva la Lentezza!

Oggi si festeggia San Va-Lentino: giornata mondiale della lentezza! Pensavo fosse una bufala, invece è un saggio invito a rallentare per vivere meglio e gustare la vita, il lavoro, i rapporti umani da riscoprire dopo tanti mesi di isolamento. Tra l’altro, sul mio calendario, il santo riportato oggi 19 febbraio è Mansueto, che come aggettivo si abbina benissimo a chi non va di fretta. Indago e scopro che l’idea è venuta all’Associazione l’Arte del Vivere con lentezza, di Pavia, che promuove una vita all’insegna dei tempi biologici e naturali, contro i ritmi frenetici di ogni giorno. Nella città meneghina sono previste iniziative per valorizzare la lentezza, ma anche nel resto della penisola: basta cercarle…senza fretta! “Perché il tempo non è solo denaro: il tempo è vita!”. L’idea va premiata, sebbene io sia in pensione e possa gestire il mio tempo come voglio. “Tempus fugit”(il tempo fugge) di Virgilio si completa col “Carpe diem” (vivi il presente) di Orazio: un monito a uno stile di vita equilibrato che viene da lontano. Nella società dei consumi sembra un’eresia: potesse il tempo imposto dalla pandemia farci recuperare uno stile di vita più a misura d’uomo e dei bisogni essenziale, tra cui il riposo. L’esatto contrario dello stress da lavoro o burn out (sindrome da stress da lavoro) di cui sono affette molte persone impegnate in ambito relazionale. Va da sé che la lentezza non va confusa con la pigrizia, ma con la capacità di staccare dai problemi, uno stop psicologico per non perdere la bussola. Mi sovviene il detto: “Chi va piano va sano e va lontano” con l’immagine della lumaca, decisamente azzeccata e simbolica. Lina soprannominata “Mata”, protagonista del mio romanzo UNA FOGLIA INCASTONATA NEL GHIACCIO, si riempiva le tasche di chiocciole e se le portava a casa, dove le restituivano la serenità che non le avevano dato gli umani. Buona lentezza a tutti!