31 Maggio 2022, Giornata Mondiale senza tabacco. Quest’anno lo slogan della campagna globale contro il fumo indetta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è: “Il tabacco: una minaccia per il nostro ambiente”. Lo scopo è far riflettere non solo sulla salute dell’individuo, ma anche sulle conseguenze estremamente gravi dal punto di vista ambientale, in seguito alla coltivazione del tabacco. Quanto agli effetti sulla salute, è risaputo – e sottovalutato – che il fumo di sigaretta rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la prima causa di morte evitabile. Dati sulle fasce d’età più coinvolte si trovano facilmente sul web. La premessa mi serve per introdurre un dato personale: mio padre Arcangelo era un accanito fumatore, stroncato da infarto a 58 anni, mentre io non fumo. Non credo che le due cose siano collegate, ma se lo fossero non mi stupirei. Quando in gioventù ho provato a fumare, non ci sono riuscita; mi dava fastidio…forse per una ipertrofia dei turbinati che mi rende molto sensibile alle sostanze inalate. Le persone che frequento, nella stragrande maggioranza non fumano. D’altronde da un bel po’ nei locali al chiuso non si fuma, oppure ci sono stanze adibite. Qualche piccolo passo è stato fatto, almeno per circoscrivere il problema. Purtroppo so di persone che sono morte, vittime del fumo passivo della consorte, oppure per averlo inalato nell’ambiente di lavoro. A suo tempo, non era accogliente entrare in uno studio medico avvolto da un’acre nube di fumo. Questo fino agli Anni Settanta (risale all’11.11.1975 la prima legge N. 584 sul fumo). Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma il pericolo della dipendenza riguarda soprattutto i giovanissimi che fumano la prima sigaretta già alle scuole medie. Meglio se mi sbaglio. Chiudo con una massima che dice tutto: “Il fumo è un’unità di misura alternativa al Tempo” (Michele Renzullo Author)
Mese: Maggio 2022
Educare e Istruire
Test Invalsi in Veneto: “Un ragazzo su tre non capisce ciò che legge”, è il titolo di un articolo che leggo in internet. Interessante il punto di vista dell’Ufficio scolastico, rappresentato dalla dott.ssa Carmela Palumbo, che mi trova d’accordo: “Povertà lessicale dovuta anche alla tecnologia”. Mi chiedo da insegnante in pensione cos’altro possa nascondersi dietro alla congiunzione ‘anche’, sapendo che l’argomento è ostico. Non voglio infierire sulla categoria di cui ho fatto parte, né prendermela con gli studenti, penalizzati dal lungo periodo di emergenza sanitaria, in una fase della crescita quando le relazioni sono come le ciliegie, una tira l’altra. Tra l’altro oggi è giornata di sciopero della scuola, proclamato da CGIL, CISL, UIL a pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico. Sul tavolo, anche il rinnovo del contratto scaduto da tre anni. Telefono a una collega in servizio, sperando che il risultato del test rispecchi una situazione problematica per eccesso, ma vengo smentita perché l’impoverimento culturale è anche più vasto, una sorta di mare magnum dove solo pochi volenterosi studenti se la cavano. La stragrande maggioranza conta di essere ammesso alla classe successiva, sulla base di scelte che poco hanno da spartire con il merito e molto con la stanchezza dei docenti, subissati dalle critiche dei genitori, sovente astiosi. Il quadro è desolante: non invidio i professori; mi fanno pena gli studenti demotivati che sfuggono al sacrificio; comprendo le ansie delle famiglie cui ricordo una cosa ovvia: la prima comunità educante è la famiglia, piaccia o non piaccia. Un paio di settimane fa ho letto un articolo sul disimpegno dei giovani, che i vari intervistati attribuivano a questo o quello. Mi è parsa convincente la psicologa Maria Rita Parsi, che lamentava la mancanza di esempi positivi tra gli adulti i quali, impedendo ai giovani di mettersi in gioco e di sbagliare, tolgono loro la speranza di conquistarsi degli obiettivi. Emetto un sospiro misto di scoramento e di speranza.
Arte e Natura
Sono sempre più contenta di abitare in Valcavasia, nella Pedemontana del Grappa, ricca di luoghi suggestivi capaci di parlare al cuore delle persone sensibili e al pennello degli artisti. Me lo conferma la visita alla mostra di Renato Zanini ‘POETICHE della NATURA’, a Cavaso del Tomba, in via Obledo 12, nella prestigiosa Villa Premoli, risalente al XVII secolo. Interessante anche la ristrutturazione del palazzo. La location non potrebbe essere più accogliente, con piante secolari, parco con un antico pozzo veneziano, le scuderie e una pregevole barchessa con loggiato, da cui si gode una magnifica vista sui colli asolani. È l’ideale contenitore delle opere esposte, con protagonista la pianta, in cui si è insinuata e saldata l’essenza dell’artista. Alla piacevolezza dei quadri, Renato aggiunge notizie legate alla sua formazione, partita da molto lontano, quando la sua maestra delle elementari, Silvia Ferracin – scrittrice e poetessa – ne intuì il talento e lo stimolò chiedendogli di fare dei disegni, divenuti premonitori del futuro artista. Dopo aver passato in rassegna i circa trenta dipinti esposti – ma Renato ne ha realizzate diverse centinaia – scatto qualche foto da abbinare al post che ho in mente di scrivere e poi postare nel mio blog verbameaada.com: mi attraggono soprattutto i quadri a tinte calde, in particolare uno che rappresenta una serie di piante, posizionato vicino a tre grandi finestre, di cui chiedo il titolo, delegato dall’artista al visitatore. Ci penso un attimo e credo possa rendere l’idea intitolarlo ‘Autunno Pittore’, anche se non è molto originale. Nessun dubbio nel riconoscere la chiesetta di San Martino a Castelcies di Cavaso, splendido gioiello architettonico posizionato in un pianoro con vista sul paese sottostante. L’abbraccio con le piante è il tema dominante, evocativo di simbiosi emozionali che l’artista vive dentro di sé e poi trasferisce nelle opere. ‘Quando dipingo sto bene’ è la risposta alla domanda di chi indaga sulla spiritualità dell’artista, che condivido perché è alla base della mia scrittura. Altre parole chiave dello spirito creativo sono: paesaggio, arte, spiritualità. Ma anche coscienza e armonia, molto vicine al mio sentire. Valeva proprio la pena di venire a ricaricarsi di bellezza, esteriore ed interiore, in questo angolo di paese fortunatamente recuperato e messo a disposizione della comunità. Gratis, come lo sono le cose più belle, a saperle cogliere.
La maleducazione non ha età
Sono in pensione dal settembre 2015, quasi anziana, oppure ‘giovane anziana’ come scherzosamente mi definisco, pertanto dovrei difendere la categoria delle persone all’incirca mie coetanee, per via di un riguardo che si attribuisce a chi è giunto a un’età avanzata. D’accordo, ma bisogna valutare come, perché non sempre si migliora con l’età adulta o durante la vecchia che per noi italiani si aggira sugli ottant’anni. Mi offre l’occasione di parlarne un episodio di cronaca grigia (il colore è quello dei capelli non trattati), accaduto a Santa Lucia di Piave dove un’anziana signora, costretta a muoversi col deambulatore imbratta con frasi offensive cofani di incauti parcheggiatori che occupano il marciapiede. Comprendo il disagio della signora, ma dissento sul modo di regolare la cosa. Di recente mi sono capitati due episodi di… maleducazione senile, che mi hanno amareggiato. Al mercato, un signore anziano mi ha scavalcato alla bancarella della frutta e verdura, ignorandomi. Ho incassato, perché non lo conosco e ho attribuito la sua arroganza a un disturbo legato all’età, sui novant’anni. Poi sono stata aggiornata che è così da sempre: e nessuno glielo ha fatto notare? Nel secondo caso sono intervenuta, perché conosco la persona, una ex direttrice d’azienda che soffre di protagonismo e non ha perso il vizio di criticare. Durante la presentazione del mio ultimo libro, si è abbandonata a chiacchiere durante la lettura di alcuni brani, lamentandosi del fatto che i pilastri in sala ostacolavano il flusso delle parole: vero, ma avrebbe potuto accomodarsi più avanzi, e soprattutto zittirsi durante la declamazione della raffinata lettrice. Voglio tenermi distante dalle defaiance di questi anziani che in corso d’opera si sono dimenticati le buone maniere.
Solitudine e Creatività
La mattina ha un sapore speciale. Alle otto ho già fatto giardinaggio: trasferito due piante esauste di Margherita in un vaso più grande, piantumato tre talee di Geranio incautamente spezzate, dato da bere ai Pomodorini in vaso, raccolto Fragole, scattato foto… dopo aver dato la colazione (ricotta sbriciolata dentro pezzettini di carne umida) ai due nuovi micetti che alternano pappa e sonno. Sono deliziosi, ieri sera gli ho scritto una poesia, invidiando la loro vitalità. La giornata è partita col sole in poppa, non so cosa mi riserverà il resto del giorno, ma almeno mi sono ‘ricaricata’ le pile del buonumore, tanto contrastato da eventi dolorosi. Giusto ieri un contatto mi ha ricordato un pensiero attribuito a Charlie Chaplin, vissuto fino a 88 anni, secondo il quale i sei migliori dottori del mondo sono: sole, riposo, esercizio, dieta, autostima, amici. Sul primo non possiamo intervenire, ma conviene goderne quando c’è. Sui restanti cinque credo possiamo avere voce in capitolo, quantomeno relativamente agli amici, che possono irrobustire la nostra autostima. Per quanto mi riguarda, credo di averne pochi ma buoni, con cui condivido il piacere della lettura e scrittura. Da quando ho il blog, mi sento in costante collegamento con Lucia, Pia, Martina, Manuel, Adriana, Antonietta…e tramite whatsapp ricevo i saluti delle mie cugine e amiche vicine e lontane. Poi c’è il gruppo riservato di chi mi contatta in privato, per motivi di privacy e sfiducia dei social. La settimana scorsa, dal 16 al 22 maggio ho avuto 581 visite, 199 visitatori e 35 commenti che mi lusingano. Sono dati che mi vengono comunicati senza chiederli, perciò ne prendo atto e me li segno. Non ho interesse ad ampliare le statistiche, ma mi conforta sentirmi in compagnia, tanto più che vivo sola. Sintetizzando, solitudine per creare e condivisione dell’opera creata.
Non sempre “L’erba del vicino è sempre più verde”
È il momento di trasformare il dolore in azione: parole di Joe Biden per commentare l’immane tragedia successa in Texas, dove Salvador Ramos, un 18enne pluriarmato ha fatto fuoco in una scuola elementare, uccidendo a sangue freddo 19 bambini, tutti tra i 6 e i 10 anni, più due maestre. Prima aveva ferito la nonna che aveva tentato di disarmarlo. Il giovane assassino, poi abbattuto dalle forze dell’ordine si era regalato il fucile mitragliatore per il compleanno. Notizie che non si dovrebbero sentire, anzi questi misfatti non dovrebbero succedere. Un massacro che allunga l’elenco delle oltre 200 sparatorie di massa dall’inizio dell’anno in America, dove la lobby delle armi va forte. Però il grilletto facile favorisce la violenza. Chissà cosa passava per la testa del giovane pistolero, per scaricare il fucile sulle vittime inermi… facile pensare che fosse di instabile equilibrio, con un passato disturbato… sento dalla tivù che era balbuziente e viveva con la nonna, essendo la madre tossicodipendente. A un amico che gli chiedeva cosa avrebbe fatto delle armi, aveva risposto: “Lo vedrai!”. Probabile che avesse pianificato l’assalto. Di certo non aveva l’equilibrio per impossessarsi di un fucile. Sposto la riflessione sui genitori delle vittime innocenti, molte bambine sorridenti, come da foto postate. Pietà anche per le maestre, entrambe madri, Irma Garcia addirittura di quattro figli. L’angoscia è tanta e davvero non ho parole. Mi è capitato più volte di sentire che siamo ‘succubi’ dell’America, da quando ci ha aiutato a uscire dai grovigli dell’ultima guerra…che seguiamo troppo le mode d’oltreoceano, che preferiamo guardar fuori piuttosto che dentro casa…e via discorrendo. Credo che l’America abbia i suoi guai e uno è senz’altro il rapporto che i cittadini hanno con le armi: troppo disinvolto, superficiale, pericoloso. Certo di persone disturbate ce ne sono parecchie dovunque e di tutte le età. Ma almeno dalle armi prendiamo le distanze, che il pericolo serpeggia lo stesso tra le pieghe del quotidiano. E teniamoci ben cara la normalità, senza considerare “L’erba del vicino è sempre più verde”.
La buona scuola
Oggi replico in quarta e terza elementare l’esperienza fatta la scorsa settimana nelle classi seconda, prima e quinta: un’altra soddisfazione, grazie alla predisposizione degli alunni e alla cura delle maestre, che alla fine mi regalano anche una calla gialla per ‘L’incontro con l’autore’, effettuato nelle classi della scuola elementare di Castelcucco dove risiedo. Per me è stato un vero piacere intrattenermi con gli scolari: sensibili, attenti, creativi. In quarta, dopo la lettura delle mie poesie dedicate ai gatti e alcuni interventi, moderati con garbo dalle maestre Elisa e Maria, gli allievi si sono trasformati in…produttori di poesia, dedicate rispettivamente a: Il criceto Polpetta, I nostri animali, Reginaldo il cavallo, Tito e Pepe, Un cane simpaticissimo, Il gatto Prosecco, Il coniglietto Macchia, Il cane Doberman. Otto lavori di gruppo che hanno coinvolto la classe di 24 alunni (assenti esclusi), comprensiva di cinque macedoni bene integrati: Amir, Raihan, Leon, Ageria e Mislima. La bionda Benedetta mi parla del cane Argo e scopro che è la nipote della mia amica e coetanea Norina… mentre Leonardo è il figlio del sindaco Adriano Torresan che in terza ha il fratello Francesco. Qui sono in 18, con maestra prevalente Laura (di cui ho avuto alle medie la brava figlia Martina), coadiuvata dalla maestra Valentina, amica di una giovane collega scrittrice con cui ho condiviso di recente un Concorso Letterario (segno che la letteratura unisce). Dopo le presentazioni leggo la mia poesia ‘Voci del mare’, su cui i volenterosi alunni elaborano un disegno, mentre la lavagna luminosa diffonde immagini e note del brano ‘Le Onde’, del pianista Ludovico Einaudi, un mix ideale tra poesia-pittura-musica. Prima del congedo, la gentile maestra Laura (che lavora sulla gentilezza) mi chiede una dedica da fare alla classe dei giovani e promettenti artisti, che mi lusinga. Non immaginavo che il mio lavoro mi avrebbe regalato queste soddisfazioni postume (da pensionata). Non so come ho seminato, ma il terreno di Castelcucco deve essere fecondo e la scuola è DOVE I GERMOGLI DIVENTANO FIORI (titolo del mio ultimo libro, reperibile in Municipio e in Cartoleria)
Nuovi arrivi
Una ventata di allegria è entrata a casa mia, sotto le forme di due tenere creature, due gattini di circa otto settimane: uno rosso sfumato, l’altro bianco e grigio, entrambi a pelo piuttosto lungo. Sesso ancora incerto, ma spero che almeno uno sia maschio, per favorire la compatibilità con Grey, femmina di anni sei che al momento gli soffia contro. Ma essendo una gatta che ama molto starsene fuori e rientra solo per i croccantini, non la considero un problema. Mentre scrivo li tengo d’occhio: quello chiaro, più ‘grande’ di una settimana, saetta in ripostiglio da una scatola all’altra, correndo di sbiego, mentre l’altro/a miagola di tanto in tanto, forse in cerca di una stabilità o perché non gli va di giocare. Sto valutando i nomi da assegnargli, ‘importanti’ come Champagne e Silver, oppure caserecci tipo Fiocco e Pepe. Chiarito il sesso – non è scontato – provvederò. Ho distribuito cestini vari per il loro relax, ma loro preferiscono arrampicarsi sugli scatoloni e sulle sedie, scegliendo di dormire sulla base di legno di un vecchio carrello porta televisore. Si spaventano quando cade qualcosa, causa le loro incursioni, ma è questione di un attimo. Poi si concedono lunghe pennichelle, abbracciati l’un l’altro. Un cinema gratis, che mi distrae e mi intenerisce. Nella mia vita ci sono sempre stati gatti e ritengo di avere uno spirito felino, che è anche il titolo di una poesia scritta per la splendida persiana di mia madre. Anzi, mi sovviene che domattina andrò in terza e quarta elementare, plesso di Castelcucco, a parlare di gatti e di poesia: che bello! Così racconterò agli alunni di questi miei nuovi micetti. Sono così piccoli, eppure così vivaci che è quasi impossibile fotografarli: ci provo, ma averli che saltellano come pazzi tra i piedi è imparagonabile! Sento grattare dentro una scatola…hanno delle unghiette incredibili, anche i dentini sono aghi…se gli va fanno anche le fusa. Chissà se la loro mamma ne sente la mancanza…loro non credo. Ma nemmeno lei: adesso possono andare alla scoperta del mondo (quasi) da soli!
La luce sul male
La mafia è acquattata: parole di Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, assassinato trent’anni fa con la moglie e la scorta, mentre tornava a casa, guidando di persona l’auto poi esplosa. Vedo e sento la professoressa Maria Falcone, ospite del programma di Mara Venier. C’è anche Pif (pseudonimo di Pier Francesco Diliberto) su cui sposto l’attenzione, perché condivido il suo punto di vista, quando dice che è ora di festeggiare Falcone, nel senso che va ricordato l’operato del magistrato, intenso, complesso e produttivo, mettendo in secondo piano la tragica morte, compresa quella delle altre vittime di mafia, che sono un numero inimmaginabile: settecento, se ho udito bene! Tanti sono i murales coi volti dei due amici-magistrati diffusi per Palermo e pure sulle pareti delle scuole, perché le loro idee fruttificano tra chi non li ha conosciuti ed è necessario tenere viva la fonte del loro pensiero, diffondendo la conoscenza del loro operato. Mi pare che Pif abbia elaborato una app per rammentare il percorso del magistrato e cercherò di scaricarla. Maria Falcone, che con Lara Sirignano ha scritto: ‘L’eredità di un giudice: Trent’anni in nome di mio fratello’ dice di essere ferma al momento dell’attentato. A me pare che non siano passati trent’anni da quando la ferale notizia mi giunse dalla tivù (tra l’altro, anche lei la ricevette dallo schermo). Nel mentre non tutto è cambiato, ma alcune cose sì, soprattutto la mentalità culturale che consente di parlarne e di non archiviare, permettendo ai giovani di accostarsi alla cultura della legalità. Non mi considero ottimista di natura, la mia amica Pia mi attribuisce un realismo felice che stempera il male e si risolve con un sorriso, quantomeno negli scritti. Questa considerazione mi rasserena e stende una pennellata di luce anche sul male.
Riflessioni domenicali
Domenica mattina, ore otto: i grilli cantano (più corretto friniscono) e le tortore tubano. L’insolito silenzio è rotto dallo sfrecciare in alto di un aereo, mentre in giardino sull’erba fresca di taglio svolazza un moscone e un merlo ramingo zampetta in cerca di ghiottonerie. Sarebbe bello che questo stato di grazia durasse più a lungo, senza l’invasione dei rumori quotidiani legati al lavoro e/o agli spostamenti. Ma non posso lamentarmi, perché abito in una zona nel complesso favorita dal vicino cimitero a ovest e dalla vivacità della piazza a est, in perfetto equilibrio. Non ci avevo mai pensato; a suo tempo, cioè ventidue anni fa, fui la prima ad acquistare il lotto in una zona divenuta poi assai urbanizzata…ma che rimane protetta dal lato a ponente proprio dal vicino camposanto. Mi chiedo se il fatto sia casuale, oppure possa caricarlo di altri significati… per ora mi godo la quiete da una parte e la vivacità operativa che mi giunge dalla piazza, dove al giovedì è protagonista il mercato locale, altro evento stimolante a portata di mano. Ore dieci: si è dissolta l’aria rarefatta di prima mattina, i grilli si sono zittiti e cantano a squarciagola i canarini. Di ritorno dalla piazza dove ho fatto colazione, incrocio un giovane runner a petto nudo, occhiali da sole e cuffiette. A breve suoneranno le campane per la funzione delle undici; spiritualmente la destino a mia madre che oggi, nel giorno di santa Rita da Cascia – la santa delle cause impossibili – compiva gli anni e a mia sorella maggiore, mancata giusto un anno fa. Sempre di più la vita mi appare come un miscuglio di essenze, alcune dolci e altre amare. Non resta che prenderne atto e lasciarsi invadere, senza farsi sopraffare.