Attesa

Puntualmente mi torna in mente il “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” che Leopardi scrisse nel 1832. Entrambi i protagonisti si interrogano sul futuro, dubbioso per il viandante e migliore dell’anno trascorso per il venditore: due posizioni che ben rappresentano due opposte aspettative riguardo il futuro, con un retrogusto amaro che emerge dalla parte finale dell’operetta morale. Questo è il periodo dei calendari, alias almanacchi che vengono regalati o che si acquistano quale strumento indispensabile per avviare l’anno nuovo. Io ne uso uno dove annotare scadenze e un altro per registrare compleanni e appuntamenti culturali. Quando lavoravo, ne usavo un terzo per le riunioni scolastiche che era tutto un ritocco. Vero che adesso il promemoria si può registrare sullo smartphone oppure sul tablet, ma io preferisco il cartaceo, più sott’occhio e con informazioni anche utili. Non cerco la speranza che devo darmi da sola e non credo nemmeno ai riti scaramantici per imbonirsi l’anno a venire. Sono anzi contraria ai botti e alle luminarie che inquinano l’ambiente e terrorizzano i nostri animali. Leggo sul Venerdì l’articolo a pag. 69 di Marino Niola: “L altro capodanno: sparire, non sparare”. Succede a Bali e in altre località dell’Asia, dove si celebra il nuovo anno col giorno del silenzio “che serve a purificarsi e non a divertirsi”. Niente botti, né luci, né fuochi accesi. La chiamano anche la festa dei quattro divieti. Fantastico, un’immersione nel profondo, senza distrazioni, per fare pulizia dentro e fuori di sé. A ben pensare, assomiglia al resoconto di fine anno, un consuntivo di miglioramento. Se ci saranno meno riunioni e meno affollamento, il covid si sentirà spiazzato e finalmente se ne andrà via.

Messaggi del cuore

Sono stata a fare il vaccino, mezza dose di Moderna dopo aver fatto prima e seconda con AstraZeneca, in un Centro allestito in una ex Scuola Elementare plesso di Asolo. Premetto che non ci sono andata a cuor leggero, ma speranzosa di proteggermi dal famigerato e radicato covid. Devo dire che l’operazione si è svolta abbastanza presto ed in maniera organizzata, grazie anche all’aiuto dei volontari, tra cui una gentile ragazza che indirizzava le persone verso la zona giusta con un invidiabile sorriso. Il medico che mi ha fatto l’anamnesi aveva i capelli bianchi ma una buona propensione al dialogo, tanto che si è premurato di spiegarmi la caratteristica degli ultimi vaccini e come funzionano: una lezione gradita e rassicurante. Dopo la sosta di un quarto d’ora in sala d’attesa per verificare eventuali effetti collaterali immediati, mi sono diretta all’uscita, dove troneggiava un semplice albero di Natale, addobbato con i pensierini scritti presumo dagli alunni di prima elementare, su cui mi sono concentrata: una somma di tenerezza e di bontà che vale oro. Plauso alle maestre che avranno orientato i bambini ad aprire il loro cuore e a vergare i messaggi, alcuni corredati di cuoricini e correzioni. Su un cartoncino l’augurio era destinato ai medici e agli infermieri che si sono sacrificati per la salute degli altri, replicato in altri messaggi. L’ho trovato particolarmente pertinente, sia per sottolineare una categoria in prima linea durante la pandemia, sia per la destinazione d’uso della Scuola diventata centro vaccinale. All’ingresso ho apprezzato la targa che il Comitato Genitori di Sant’Apollinare ha dedicato alla Scuola Primaria, con inciso il pensiero di Malala Yousafzai, sempre attuale: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”. Testimonianze da valorizzare.

Alma

Tra tante notizie di cronaca preoccupanti e sconfortanti, finalmente una bella notizia, di vita e di successo sanitario: nasce la piccola Alma, mentre i sanitari operano al cervello la madre. Due interventi in contemporanea che non potevano essere separati. I genitori della piccola sono Teresa e Francesco, di professione lei ballerina e lui acrobata. È successo alle Molinette di Torino ma l’evento, alla trentunesima settimana, è entrato nel cuore degli Italiani, foriero di vita e di speranza. Che succedano di questi miracoli durante la pandemia solleva il morale. Tra l’altro il nome della neonata, Alma, in latino significa anima, o anche persona magnanima, che più beneaugurante di così non potrebbe. È anche aggettivo accanto a termini come alma universitas, malma mater studiorum nel senso che alimenta, dal latino almus, alma = nutrire. La dichiarazione del padre: “Come stiamo? Come i miracolati, senza renderci conto esattamente di quello che è successo”, la dice lunga sull’emozione dei genitori, abituati per lavoro a spettacoli per stupire il pubblico e in questa circostanza attori passivi di un intervento di eccellenza. Tanto di cappello all’equipe chirurgica (lavoro di coordinamento tra neochirurghi, anestesisti, ginecologi, ostetriche e neonatologi) e benearrivata alla piccina, un fiore sbocciato durante le feste natalizie.

Incanto

Stamattina ho corso, per una buona ragione: ieri ho fatto la visita ortopedica di controllo, che è andata bene e quindi mi sono permessa di esagerare con il disbrigo di pratiche varie, così da chiudere l’anno senza oneri e in tranquillità. Per ultimo ho fatto una toccata e fuga in Casa di riposo per lasciare un dono alla vicina e sono andata a fare la spesa al supermercato Tosano di Pederobba, dove trovo dei prodotti che non tengono nel piccolo supermercato locale. Per la precisione si tratta di cibo pronto, di cui mi servo nelle situazioni di emergenza, quando torno a casa tardi e non ho tempo né voglia di mettermi ai fornelli. Preciso che sono anche delicata, perciò cerco col lanternino solo il prodotto che conosco, in questo caso trattasi di risotto che scaldo due minuti al microonde e posso degustare seduta stante. Il problema è trovare ciò che serve in uno spazio quasi illimitato, per poi fare la coda presso una delle oltre venti casse attive. Penitenza che mi sobbarco ogni due mesi. Il diversivo lo trovo proprio a ridosso della cassa n. 23, dove un bimbo di circa due anni cattura la mia attenzione: capelli neri, indossa una giacca a vento gialla, come le scarpine che buttano sul verde fosforescente. Gira stupito attorno all’espositore dolciario della Ferrero…e allunga la manina verso un ovetto di cioccolata. Da due metri la madre, che spinge un carrello con un’altra creatura sistemata davanti se ne accorge e blocca la furtiva manina: una scenetta tenera, che avrei voluto avesse un altro epilogo, perché l’incanto del piccino era veramente straordinario. Ho pensato a quanto lavorio (e logorio) c’è dietro a certi cenoni e intrattenimenti, peraltro ridotti dalle raccomandazioni anti covid e l’autentica meraviglia dello stupore infantile, che si accontenta di poco. Una bella lezione contro l’effimero e la riscoperta della semplicità. Senza nulla togliere a chi ha gusti differenti.

Una vita fruttuosa

È morto Desmond Tutu, Arcivescovo anglicano del Sudafrica, amico di Nelson Mandela: due uomini che hanno lottato per l’emancipazione dei neri. Premio Nobel per la Pace nel 1984, aveva 90 anni ed era malato da mesi. Il suo nome è legato all’Apartheid, contro cui lottò strenuamente, così come per la pace, la salute, i diritti umani. Contestato dai suoi superiori, per aver difeso gli omosessuali, il diritto all’aborto e al suicidio assistito. Che dire, un grande uomo che si è speso per gli altri, i più esposti al dileggio e alla violenza. Per saperne di più, vado a leggere alcune frasi che danno l’idea del suo spessore morale. Ne riporto alcune che parlano da sole: “Io sono prigioniero dell’ottimismo” (invidiabile), “Risentimento e rabbia provocano problemi di pressione e di digestione”, “Mi piacerebbe sapere tacere, ma non ne sono capace e non lo farò”, “Fai la tua piccola parte di bene dove ti trovi; sono quelle piccole parti di bene messe insieme che riempiono il mondo”, “La speranza è la capacità di vedere la luce nonostante le tenebre”. Chiudo la rassegna delle frasi a mio dire più belle, con una umanissima riferita alla famiglia: “Tu non ti scegli i tuoi genitori. Essi sono regali di Dio, come tu lo sei per loro.” Nulla da aggiungere, solo ammirazione per una persona che è vissuta rendendo prezioso ogni attimo della sua vita e la cui eredità continuerà a fruttare. Certo, pochi sono tanto illuminati da spendersi così tanto, ma testimonianze esemplari tirano su il morale e distolgono l’interesse dal male (che colpisce sempre per primo) per farci sentire quanto è benefico il bene. Pensando all’invito di Papa Bergoglio di chiedere il dono dell’ottimismo, adotto la prima frase dell’arcivescovo Tutu, sperando di essere imbrigliata anch’io nell’ottimismo, da spalmare (e magari diffondere) per tutto l’anno che sta per arrivare.

La paura…che fa paura

Il covid ha messo sotto silenzio le nostre relazioni sociali: parole di Papa Bergoglio. Esattamente un anno fa arrivavano le prime vaccinazioni anticovid. La situazione è dieci volte meno pesante di un anno fa, ma non ne siamo ancora fuori. C’è ancora chi ha più paura del vaccino che del covid. Un medico intervistato ha detto: “Queste persone hanno scelto la loro causa di morte e noi non possiamo farci niente”. La paura è una brutta bestia. Sono desolata di non poter fare nulla per convincere gli irriducibili a ricredersi. Forse posso fare qualcosa per gli indecisi, ricordando un episodio della mia infanzia. Avevo 6/7 anni quando mia mamma, ostetrica mi portava in ambulatorio del medico condotto che lei aiutava durante la somministrazione dei vaccini antipolio, antidifterite, anti altro che non ricordo in un clima cordiale, quasi festoso. C’era una cesta di giocattoli per ammorbidire i bimbi intimoriti dal camice bianco del medico e di mia mamma che si adopravano ad allentare la tensione. L’operazione si svolgeva in circa un paio d’ore o più – allora c’erano molti più bambini di adesso – e alla fine tornavo a casa con la sensazione di aver partecipato ad un evento importante. Spero anche i piccoli pazienti, di età compresa tra i due e sette/otto anni (vado a memoria). Per dire che anche chi si ostina a non vaccinarsi contro il covid, a suo tempo è stato trattato contro le malattie infantili, senza riportarne danni. Ci saranno le eccezioni, per aver subìto danni collaterali oppure per omessa vaccinazione. Nel complesso sono stati salvati molti bambini da esiti letali o altamente invalidanti di malattie ora sconfitte. Parlo ovviamente da profana, ma va riconosciuto il progresso della scienza in questo ambito. Non vedo perché non dovremmo fidarci degli scienziati contemporanei, coinvolti nella spasmodica ricerca di debellare la pandemia. Conosco le obiezioni e intuisco la paura, che è comprensibile finché non diventa patologica. In tal caso fa altrettanti danni del covid e forse anche di più.

Momento Poetico

Cari lettori del blog, data la giornata speciale mi sono concessa un momento poetico, che ho intitolato IL NATALE CHE VORREI. Lo posto quale augurio di poter finalmente uscire dalla crisi che tanto ci ha provato e ancora ci attanaglia. Le previsioni meteo davano pioggia, elemento purificatore. Qui non ha ancora piovuto, come da previsione e di primo pomeriggio si intravede un certo chiarore. Attendo il crepuscolo, per verificare se il mio desiderio potrà avere un riscontro, conforme la parte finale della poesia. La giornata è carica di ansie e di aspettative…ognuno ci metta qualcosa di suo per accogliere al meglio il futuro che mi auguro benevolo. Ecco il testo: VORREI UN NATALE/BAGNATO, CON LA PIOGGIA/LEGGERA SUI CUORI RIGONFI/DI ANSIE E DI TREMORI/ANCORA RADICATI/DOPO TANTI MESI/PRIVATI/DI SALUTE E LIBERTÀ./MAGARI AL MEZZODÌ/UN RAGGIO DI SOLE/IRROMPESSE/TRA LE NUBI SPESSE/A CAMBIARE/ATMOSFERA/E REGALARCI/ALLA SERA/UN TRAMONTO/SUGGESTIVO/INDICATIVO/D’UN FUTURO/CLEMENTE/PER LA GENTE/FIDUCIOSA CHE DOPO/SARÀ MIGLIORE DI ADESSO.//

Doni

Vigilia di Natale: fisioterapia e parrucchiera alla mattina, così mezza giornata è già occupata. Niente cenone e riunioni endofamiliari, telefonate e visite brevi per consegnare pensierini e fare gli auguri. Percepisco una certa fretta nelle persone, che anticipano i messaggi augurali forse temendo di trovare le linee intasate il dì di festa, la più importante per i cristiani. Io mi adeguo e non me ne faccio un cruccio, perché è il pensiero che conta: se è fatto col cuore, va bene anche in anticipo. In questo senso ho provveduto anch’io stamattina, rinviando a domani l’augurio ad altri contatti. Mi piace pensare che ci siano persone “intimiste” che apprezzano il lato privato della festa, quello meno appariscente, in consonanza con la semplicità della capanna e l’umiltà dei personaggi di contorno alla Sacra Famiglia. Però mi sovviene il dubbio che dipenda dal fatto che non ho mai goduto a fondo della spettacolarità della festa, fatta anche di lustrini e cotillons (regali). Comunque ho ricevuto dei doni da persone care, che sono il dono più apprezzato (le persone care): un libro, una tovaglietta con un cuore, biscotti fatti in casa, un’orchidea gialla e una focosa Stella di Natale, un Babbo Paracadutista, salviette per il viso, un calendario con i gatti, un’altra stella di Natale…e presumo che l’elenco si allunghi. Graditi anche i pensieri da parte della farmacia di fiducia, dell’estetista e della parrucchiera personali. Da ultimo mi fanno molto piacere le telefonate impreviste e i messaggi non scontati, della serie: “ci sono e ti ricordo”. Nelle prossime ore farò una rassegna dei piccoli regali fatti con il cuore e li deporrò ai piedi dell’albero o nei pressi del presepe, offrendo magari una poesia (se mi viene). Intanto, buona vigilia a tutti!

Una bella storia

Le belle storie stanno bene col clima natalizio. Anzi, stanno bene sempre, ma in questo periodo di aspettative e di riconciliazioni familiari (si spera) conferiscono un valore aggiunto ai buoni propositi. Stamattina, in coda al telegiornale risento la storia di un ragazzo straniero, sentita qualche giorno fa, che merita di essere raccontata. Il ragazzo ha vent’anni, nero. Giunto dall’Africa in cerca di fortuna, tramite un drammatico soggiorno forzato in Libia, approda in Italia, regione Veneto, in un’azienda che alleva animali (mucche, maiali) di cui si occupa dalle cinque di mattina, sotto la guida dei padroni che in breve diventano Mami e Papi. Immagino che dietro questa affettuosa scelta verbale ci sia un lungo percorso di osservazione reciproca, andata a buon fine per la dedizione al lavoro del giovane immigrato e per la generosa accoglienza dei titolari dell’azienda. Mohamed a breve sarà assunto stabilmente in un allevamento di polli e potrà contare su un futuro di riscatto. Non tutte le storie dolorose hanno un lieto fine come questa, frutto non del caso: operosità e generosità si sono date la mano, costruendo insieme un modello di convivenza. Ammiro i due coniugi che hanno contribuito a dare una seconda vita al ragazzo, che si è sentito finalmente accolto, dopo un passato di traversie. Hanno compiuto molto più di una buona azione: hanno visto nel bisognoso e nel diverso un fratello. Complimenti a tutti e tre, che si meritano di trascorrere un felice Natale.

Armonia

Casualmente sento la canzone L’odore Del Mare, di Tiromancino e Carmen Consoli, di cui mi cattura la parola Armonia verso la fine del brano, quando la cantante dice: Cerca l’armonia/Continua a respirare/l’odore del mare… Ovviamente cerco di saperne di più: cerco il testo, intenso e malinconico, con il video clip, a mio dire un’autentica chicca. Venendo a me, confesso che la parola “Armonia” mi è molto cara, la più importante del mio personale alfabeto, un obiettivo da raggiungere. Convengo con chi afferma che l’armonia è la chiave della felicità. Fulcro del pensiero filosofico di Pitagora (Samo, 580 a.C – Metaponto, 495 a.C circa), corrisponde alla “capacità di mantenere equilibrio e serenità anche in situazioni difficili”. Per la cultura cristiana indica la pace interiore. Non mi dilungo sul significato che la parola ha in musica. Mi riprometto di rivedere il pensiero dell’illustre matematico e filosofo, aggiungendo qualcosa di mio. Per me l’armonia corrisponde al benessere continuo, a debita distanza dalla felicità e dall’emozione temporanea, uno stato di soddisfazione interiore, forse noto solo agli asceti o ai santi. Ciò nonostante mi attrae l’idea di poterlo raggiungere, anche solo in alcune situazioni di emergenza oppure per fortunate coincidenze. Se dovessi abbinare l’armonia ad un colore, sarebbe un tono dell’azzurro oppure ad un giacinto in ambiente floreale. Se si potesse comperare, mi piacerebbe metterla sotto l’albero di Natale tra i doni da fare ma anche da scartare per me, che mi ritrovo a volte disarmonica. Beh, diciamo che la canzone L’odore Del Mare, sentita stamattina mi ha fatto fare un tuffo dentro di me, pregustando l’elemento naturale che più amo, il mare.