Meno tre giorni a ferragosto. Successivamente sarà san Bartolomeo, che ha dato il secondo nome (il primo è Lagerstroemia) alla pianta fiorita che in questo periodo abbellisce viali e vialetti del mio paese, con bellissimi fiori dal rosa al viola. Per coincidenza, san Bortolo è pure una zona paesana in collina dove da anni nei giorni a ridosso di ferragosto si tiene una festa delle Associazioni, quest’anno sospesa a causa della pandemia. Non mi resta che affidarmi al piacevole ricordo di carne allo spiedo e alle note rincuoranti della fisarmonica che passava tra i tavoli, zeppi di gente bendisposta a stare al fresco e in compagnia, con la speranza di tornare ai piacevoli trascorsi. Ecco, la parola festa in questo periodo mi sembra azzardata; preferirei sostituirle la parola benessere, più appropriata. Mi concentro su quello che ho a portata di mano e mi soccorrono sempre i fiori, con il loro linguaggio silenzioso e centrato. Pare che mi vogliano dire: avanti tutta, nonostante tutto. La bellezza è a portata di mano, anche se per coglierla bisogna fare silenzio. E qualche rinuncia.
L a mia sensazione più profonda è che il ferragosto sia la festa del nulla e a questa convinzione io mi appello quando mi si chiede: “Cosa fai a ferragosto?” e candidamente confesso: “Nulla!”.
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Piero, condivido il tuo “candore”, magari con un pensiero alle ferie di Augusto romane che potrebbero ancora insegnarci qualcosa.
L’obbligo di divertirsi non è salutare.
Difendiamo la nostra individualità!
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