Oggi sono un po’ “privata” e destino un pensiero alla mia casa, che sento mia da quando ho saldato il mutuo. Chissà da quante persone è condivisa l’esperienza… tutti abitano in una casa (si spera…): di proprietà, in affitto, in comodato d’uso e pare che per noi italiani “il mattone” sia in cima ai desideri. Altrove non è così, forse siamo poco votati al nomadismo, oppure siamo molto attaccati alle radici. Sia come sia, nella lingua inglese si fa un distinguo tra house, edificio e home, luogo degli affetti. Mastico meglio il latino dell’inglese, ma se ho inteso correttamente, la casa di cui intendo parlare è quella che mi rappresenta nella sua interezza: lineare fuori, complessa dentro. Un po’ come me! Tra i vani, lo spazio che preferisco è lo studio, dove trascorro il mio tempo migliore: a scrivere, ma anche a farmi le unghie attingendo alle bottigliette colorate, infilate in uno scanso tra la stampante e un porta riviste. Dispongo di due scrivanie, avendo ereditato quella di mio figlio, attualmente impegnato in attività motorie e di due computer, un portatile e uno d’epoca, per le emergenze. Descrivo dettagliatamente questa stanza a pag. 91 del mio recente libro TEMPO CHE TORNA (acquistabile online presso Albatros Il Filo, oppure direttamente da me), nell’episodio intitolato “Lo studio” che si conclude così: In breve, i libri, i fiori, le foto, i ricordi sono il mio pane quotidiano. Poi c’è il companatico. Per me è impensabile non mettere piede nello studio, dove riesco a tirare fuori la mia essenza. Però ammetto che sto bene anche sotto al glicine in giardino e quando saluto i miei fiori alla mattina. In conclusione, grazie casetta mia!