Oggi è il compleanno di Gina, la nonna di Manuel, il mio braccio destro (e sinistro) per la risoluzione dei problemi informatici. La dolce signora compie 90 anni, portati con forza e coraggio. Si è ripresa da una recente caduta che l’ha costretta a portare un busto contenitivo e si muove prudentemente col deambulatore, ma risponde al telefono con piglio sicuro e dà una mano ad apparecchiare la tavola ad una delle figlie che si alternano nel vigilarla e farle compagnia. In tempi non sospetti da covid, anche i nipoti Manuel e Gaia allietavano la sua giornata. In mattinata le ho portato in dono un Anturium e l’ho trovata in piacevoli conversari, sorridente e accogliente come sempre. Mi ricorda mia nonna, che persi da ragazzina: un concentrato di virtù, custodite dentro lo scrigno di un corpo provato ma solido. Ho sempre ammirato le persone invecchiate bene, con la mente lucida e il cuore pieno di calore. Quanto al fisico, già tempo addietro mi ero appuntata una frase della grande Rita Levi Montalcini – di cui a breve andrà in onda la storia – che dichiarava: “Il corpo faccia quello che vuole, io non sono il corpo, io sono la mente!”. Grandi donne, sagge e longeve, con un patrimonio di eredità sulle spalle da trasmettere a nipoti, bisnipoti e quant’altri nasceranno e vivranno in questa epoca disturbata. Non è un caso se Manuel è un nipote speciale. Concludendo, se mi sarà data facoltà di raggiungere la bella età di Gina, spero di arrivarci con il suo disarmante sorriso. E ancora tanti auguri!
Mese: novembre 2020
Poesia come terapia
Ho avuto il piacere di apprezzare Simone Cristicchi l’estate 2019, durante uno spettacolo in ricordo della Grande Guerra, sul monte Tomba a Cavaso nella Pedemontana del Grappa. Conoscevo l’artista da prima, per le sue apprezzate canzoni e gli spettacoli di forte impegno sociale. L’altro giorno mi arriva un breve video con la recitazione del testo VADEMECUM PER UN RECLUSO, che mi ha veramente toccato. Mi documento nel web e scopro che il testo è stato scritto durante la prima fase della pandemia – c’è addirittura la data di nascita 7 aprile – ma è attualissimo. In modo semplice e profondo insieme, l’autore dà una serie di consigli per non farsi affondare dal distanziamento sociale, con annessi e connessi. Resto sulle generali, per stimolare l’iniziativa personale ad approcciare la poesia, che sintetizza nel titolo la sua funzione, meglio definirla missione. Mi limito a dire che mi piace molto l’invito alla curiosità e il richiamo al bambino che alberga in noi. Dato che anch’io mi esprimo con le parole trovo congeniali i versi: “Scrivi una lettera, una breve poesia/sconfiggi la noia a colpi di fantasia/”; gli altri distribuiti in cinque avvincenti strofe con rima baciata non sono da meno. Il messaggio dell’artista è persuasivo e chiaro, ognuno troverà risposte alle sue domande. E l’isolamento, pur tra tante privazioni offrirà l’opportunità di diventare migliori.
Congedo solitario
Un’amica mi informa che è mancato improvvisamente Piergiorgio, un vicino di casa dove abitavo da ragazza: persona discreta e simpatica, postino di professione come lo era il padre, e per solidarietà e di riflesso la madre Maria, dalla comunità appellata “postina”, di cui ho un grato ricordo. Minuta e magra come mia nonna, offriva a mio figlio bambino i “biscotti col buco”- i Bucaneve – che sembravano una rarità! Piergiorgio, unico figlio, classe 1947 aveva ereditato dal padre Settimo l’apparente scontrosità e dalla madre il cuore generoso e buono. Gli sono grata di aver condiviso con mia mamma, sua vicina di casa diverse fritture di pesce, acquistate al mercato di Cavaso. Mi è capitato di vederlo con piacere al bar di Castelcucco dove abito: era cordiale e disponibile allo scambio di ricordi. Non mi risulta fosse ammalato. So che viveva da solo in una delle sei case gialle ex INA, in via Croce a Possagno. L’evento luttuoso e improvviso mi fa riflettere sull’uscita di scena, che ovviamente non possiamo scegliere, di questi tempi tanto frequente e ospedalizzata. Pare che Piergiorgio avesse la febbre e temesse di essere ricoverato. Così ha affrontato l’ultimo viaggio da solo, a casa sua, tra gli oggetti cari e le foto dei suoi amati genitori: mi auguro che la traversata gli sia stata lieve! Ciao Piergiorgio…
Balli fuori stagione
Nel quotidiano locale un titolo cattura il mio interesse, perché contiene la parola “garden”, a me cara sia per il significato “giardino”, sia perché in un lontano passato, non del tutto archiviato sono stata una frequentatrice dell’omonima sala da ballo, al Ponte della Priula a Susegana. Nell’articolo si parla del ballo di gruppo di un centinaio di persone, in barba al divieto di assembramento. Qualcuno ha filmato l’evento, che è approdato alla stampa ed è finito in cronaca, mi verrebbe da definire rosa, se non fossimo in piena pandemia. Indaga il prefetto. Al di là dell’episodio, che non sarà l’ultimo di tal genere, mi pongo due domande:1) Quanto costa obbedire alle regole? 2) Quanto vale la vita degli altri? Alla prima rispondo molto, in rapporto anche alla vita sociale di ogni persona, più o meno intensa. Per la seconda mi soccorre l’art. 32 della Costituzione Italiana, tante volte citato a scuola, che definisce la Salute un bene individuale e collettivo. Come dire che nessun uomo è un’isola. Ora come allora, percepisco che la dimensione civica è carente e bisognerebbe dare molto più spazio, tra le materie scolastiche, alla Educazione Civica, aggettivo che riguarda appunto il cittadino, civis in latino. Negli ultimi decenni i programmi si sono ampliati a dismisura, accogliendo novità didattiche sacrosante, ma trascurandone altre, a torto ritenute “superate”. Con le conseguenze deludenti che conosciamo riguardo al bel parlare, ma anche a livello relazionale. Inoltre sono stati aboliti tutti i riti di passaggio che introducevano all’età adulta. Lungi da me fare una lezioncina facile sul rispetto delle regole, che costano parecchio anche alla sottoscritta, ex ballerina provetta. Adesso che sono “in quiescenza”, ascolto la musica a gambe ferme, lasciando i pensieri volteggiare a briglia sciolta.
Ospiti graditi
Non sono una brava donna di casa. Ma ogni tanto devo sbrigare qualche faccenda domestica, come ieri quando, approfittando di uno sprazzo di sole decido di pulire il pavimento alla veneziana della zona giorno, ormai terreno del vecchio cane Astro. Metto nel secchio un detersivo “Fiori di lavanda”, tanto per restare in tema floreale. In studio, la mia stanza prediletta, ho il pavimento a parquet che merita altro trattamento igienico. Ma, già che ci sono allungo il mocio anche là, tanto per dare una passata. Quando occupo la stanza di sera, sento un gradevole profumo di fiori, che attribuisco alla recente pulizia. La sensazione si ripete, ogni volta che entro in studio. Stamattina si svela il mistero: avevo dimenticato in un angolo un cestino con tre bulbi di giacinto, comperati circa 15 gg fa e ancora indietro nella fioritura. Appoggiati sulla cyclette vicino al termosifone hanno trovato il posto ideale per svilupparsi e sbocciare: uno rosa, uno blu e uno bianco che diffondono una fragranza intensa e penetrante. Mi sono stupita e rallegrata, come se avessi ricevuto in visita degli ospiti graditi e inaspettati. Adesso li ho trasferiti in cucina, quali diffusori di aroma naturale, oltre che di bellezza. Anche oggi la natura mi ha fatto una bella sorpresa!
Distanziamento
Domenica di metà Novembre, ore 9: silenzio innaturale, che si menziona nella bella canzone VITA MERAVIGLIOSA di Diodato. Ma non percepisco nulla di meraviglioso, forse arriverà dopo. Non cantano nemmeno i canarini del vicino, anche se c’è il sole. Per sentire una voce accendo la radio e aspetto di sentire i primi messaggi sul tablet, pochi, ma costanti e rassicuranti. Il paese sembra sepolto sotto la coltre della prudenza e del distanziamento sociale: corretto, ma non usuale. Tre mesi fa era Ferragosto e qualcuno si è divertito troppo, pensando che l’avessimo scampata… mi auguro che a Natale i festeggiamenti saranno contenuti. Del resto sono piuttosto schiva ai cenoni e alle rimpatriate forzate; farò di necessità virtù, come dice san Girolamo. Se qualcosa di positivo lascerà questo terribile anno, sarà da cercare nella condivisione delle limitazioni e del disagio, che ci renderanno più essenziali. Sempre che la memoria breve non abbia il sopravvento. Personalmente mi impongo di essere positiva, perché sono in salute e non mi manca niente di materiale. Certo risento del distanziamento sociale: niente mostra del libro, niente cinema, niente incontri culturali… niente di niente fino al prossimo dpcm, incrociando le dita. È già un miracolo che il Veneto si mantenga in fascia gialla! Non intendo contribuire all’inquinamento dei numeri. Perciò mi mordo le dita e cerco di distrarmi da sola, consapevole che sono in compagnia di milioni di Italiani. Ma non me la sento di avallare, in questa circostanza, il proverbio “Mal comune mezzo gaudio” perché il godimento è fuori discussione. Ciò detto, buona domenica a tutti!
Hotel covid
Non ho memoria di aver vissuto vacanze memorabili, né per spirito avventuroso né per mezzi economici, entrambi carenti. Sarò stata in hotel tre-quattro volte, d’estate al mare quando non trovavo disponibilità in altre strutture. Parlo di oltre trent’anni fa, prima della nascita di mio figlio. Già la parola hotel evoca qualcosa di estraneo, più consono al cinema e ad abitudini non mediterranee. La sento nominare oggi durante il telegiornale, per informare che sono stati attrezzati degli ambienti per ospitare persone affette da covid che non rientrano in famiglia, per evitare di contagiare i familiari. Mi sembra una buona idea, peraltro confermata dal quotidiano letto poco prima, dove apprendo che la vita, in questi hotel covid è tutt’altro che vacanziera. Per farsi un’idea, vietato uscire dalla propria stanza, pena non poterci più rientrare. Pasti consegnati sull’uscio dove vengono ritirati gli avanzi… vita da clausura, incrociando le dita nell’attesa che la quarantena passi veloce e che il tampone risulti negativo. Pare che ci sia una grande richiesta di questa possibilità abitativa, ovviamente non gratis, presumibilmente con il contributo sanitario. Ecco, l’alone di godereccio che ammantava la parola straniera hotel, è scemato del tutto. Dubito che farò vacanze nel prossimo futuro fuori casa, anche perché non mi separo volentieri dai miei conviventi animali. Se mi capitasse, una stanza d’albergo andrebbe più che bene, potendo entrare e uscire a mia discrezione. Con l’augurio che tutti possano godere a breve di tale libertà.
La città delle sirene
Sono stata a Venezia poche volte: la prima da ragazza, in una mattina nebbiosa in cui mi sembrò una città da favola; successivamente da insegnante in gita di istruzione con la mia classe, con il percorso di visita studiato a tavolino e perciò piuttosto “inquadrata”. Nel 2006 feci una crociera con mamma, con partenza da Venezia per la Grecia, che ricordo volentieri perché fu l’ultimo viaggio insieme, prima che se ne andasse. A conti fatti, ho vissuto la città da turista frettolosa, mettendo a margine i suoi problemi, emersi in pieno dalla visione del documentario LA CITTÀ DELLE SIRENE, di Giovanni Pellegrini, in onda ieri sera sul canale Youtube di Ginko Film, dalle 18 alle 24. Ammetto che sono stati 50 minuti angoscianti sulla “AQUA GRANDA 2019”, raccontati con tono asciutto dal giovane regista veneziano che ha documentato la settimana successiva all’alluvione. La domanda che si fa “Cosa ne sarà del nostro mondo, se l’acqua dovesse alzarsi di cinque metri?” lascia sgomenti e senza risposta. Finora la soluzione attesa dal Mose è da venire, mentre sono aumentati i conflitti – e le ruberie – per la gestione del problema. Una persona intervistata ricorda “l’acqua fredda freddissima… il divano che galleggiava”; un prete si rammarica che “il sale corrode il marmo del pavimento”, mentre un altro signore evidenzia “la sensazione di violenza e impotenza” provocata dalla marea, giunta a 1 metro e 87! Personalmente ho provato desolazione nel vedere libri e stampe galleggiare, come creature annegate. Non mi dilungo, per lasciare spazio alla curiosità di andare a documentarsi di persona e di sensibilizzarsi su un problema ambientale che ci tocca da vicino. Un cenno al titolo, accattivante perché fa pensare alle leggiadre figure mitologiche. Ma anche alle conturbanti sirene di allarme che annunciano l’onda alta. Venezia, gioiello mondiale, city of sirens, città da ammirare. Ma anche da salvare!
Fiori, eredità del paradiso
Mercato locale sottotono, meno gente del solito. Ho comperato bulbi di giacinti che metterò in acqua, perché mi piace osservarne la trasformazione, lenta ed avvolgente che mi regalerà profumatissimi fiori a Natale. Durante il breve percorso per raggiungere la piazza, ho sentito e apprezzato le voci dei bimbi del vicino Nido e ho pensato alla frase attribuita a Dante, per cui fiori bambini e stelle sono tre cose rimasteci del paradiso. E ho ritenuto che ho due buoni motivi per pensare positivo. Ho sostato al bar per leggermi il quotidiano, e quando sono uscita gli studenti delle medie stavano allegramente vociando in cortile: meno male, mi sono detta, per loro funziona ancora la didattica in presenza, chissà che duri… chissà come avrei affrontato l’insegnamento in questo doloroso periodo. Le colleghe in servizio mi aggiornano e non le invidio per la marea di difficoltà che devono affrontare ogni giorno, per contenere i danni da contagio. Penso anche al disagio dei genitori degli allievi, sempre col fiato sul collo. La solidarietà per la categoria è scontata, dato che in ambito scolastico ho profuso le mie energie per oltre trent’anni, ma non scordo nessuno di quanti lavorano in prima linea, e nemmeno chi è costretto a casa perché ha perso il lavoro. Mi aggrappo alla speranza che la pandemia finalmente rallenti, che da qualche parte arrivino buone notizie e che si possa tornare ad abbracciarci senza timore.
Progetto “Felicità”
Leggo sul quotidiano locale riguardo la curiosa ed apprezzabile iniziativa del Comune di Pieve del Grappa, per attivare iniziative volte al benessere dei cittadini residenti, dai 12 anni in su, tramite un questionario. Il progetto “Felicità” è stato presentato alla Regione Veneto, che l’ha finanziato. Il questionario va compilato e restituito entro il 20 novembre 2020. Io abito a Castelcucco, paese confinante e l’iniziativa non mi riguarda materialmente, ma la ricerca della felicità sì, eccome. Se ricordo bene, già nella Dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776 un articolo recita che “A tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla felicità”. Di recente ho letto INCHIESTA SULLA FELICITÀ, di Gianni Bisiach, Rizzoli, 1987, lettura interessante ma non risolutiva, nel senso che le centinaia di persone intervistate hanno espresso la loro personale convinzione, senza ovviamente fornire ricette. Plausibile che anch’io mi sia interrogata e data una risposta, o meglio più risposte, in relazione a parametri quali salute, libertà, ambiente, relazioni, benessere economico… che fanno da contenitori della felicità. Volendo stringere, per me la felicità assomiglia molto alla serenità, obiettivo agognato e ostacolato parecchio dalla pandemia attuale. Può darsi che chi conduce vita di clausura abbia raggiunto il distacco per elevarsi sopra le umane debolezze e goda dell’armonia generatrice di felicità. Oggi è san Martino, che seppe privarsi del superfluo per darlo al povero. È pure una bella giornata di sole. Il progetto “Felicità” è comunque stimolante. Due più due fa quattro. Speriamo…