Delle piante di Noce costeggiano la strada che conduce al cimitero, in prossimità di dove abito io, in via dei Tigli. Della pianta cara ai poeti – al Parini soprattutto – ho già parlato, mentre del Noce non mi sono granché occupata. Succede ora che i frutti sono quasi maturi: per una folata di vento o perché i rami sono scossi manualmente, i malli cadono sul marciapiede, scoprendo in parte le noci contenenti i preziosi gherigli (preziosi per le proprietà e perché sono cari al banco del supermercato). Consumo poca frutta secca, credo sia per questo che non ho mai pensato di…approvvigionarmi gratis sul posto, fuori della porta di casa. Ma da qualche giorno assisto alla raccolta delle noci da parte di varie persone, in prevalenza giovani e donne straniere. Perciò stamattina mi aggrego anch’io. Ancora in pigiama attraverso la strada e provvedo a riempire un cestino con una trentina di frutti che poi porto in casa perché si asciughino. Non so se sto “rubando”, anzi non credo, visto che il proprietario del campo dove sono cresciute le piante, non si cura di raccogliere i frutti che cadono. Comunque indagherò per stare tranquilla e scrollarmi di dosso un certo timore frammisto ad ansia. Con i tempi che corrono, meglio valorizzare ciò che la natura offre spontaneamente e l’autunno è una stagione generosa. Non escludo di realizzare un piccolo orto nella parte interna di casa mia, per ora faccio ‘esperimenti’ in qualche vaso; ad esempio dove c’erano delle portulache, disseccate dal caldo, ho interrato dei finocchi che inalberano il pennacchio verde di giorno in giorno. Tengo d’occhio la salvia e il prezzemolo. Una novità per me è occuparmi del compost che intendo utilizzare per nutrire piante e fiori: oggi ho fornito gusci di uova sbriciolati, con fondi di caffè e bucce di banana seccate. Pare che i lombrichi ci vadano a nozze!
Categoria: Fiori e frutti
Frutta a domicilio
Stamattina mi manca la frutta, che completa la prima colazione (la seconda al bar). Non è un problema, se ci sono ancora delle more nella zona orto dove troneggia l’albicocco, vecchio e generoso di frutti, debitamente conservati. È anche l’angolo preferito dai micetti che ci scorazzano tra i rami, facendo furiosamente abbaiare Beppe, il cane del vicino. Vado alla ricerca e le trovo, morbide e gustose more di rovo che si sciolgono in bocca meglio di un ghiacciolo. Mi sto sempre più appassionando ai frutti di casa mia, quest’anno numerosi. Li elenco nell’ordine di maturazione: fragole, ciliege varietà Sandre (poche), albicocche (moltissime), susine viola Gocce d’oro, more. Sotto la pergola sta acquistando colore l’uva fragola e stanno arrossendo le melagrane. Ultime saranno le mele, ora tono su tono. Preciso: tutta frutta non trattata: una bella soddisfazione, anche perché, se potessi vivrei di frutta, opzione non gradita dal mio intestino. Questa caldissima estate ha dato molti problemi anche all’agricoltura dove parecchie varietà sono in sofferenza: gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e i prodotti ortofrutticoli sono saliti alle stelle. Bisognerà tirare la cinghia e ridurre gli sprechi. Non ho nessun desiderio di fare festa né di andare in ferie: mi manca la carica. La lunga pandemia mi ha come…disossata (sono anche un po’ dimagrita, ma la perdita è di tono interiore) e mi sento più tranquilla dentro il perimetro di casa mia, che non è molto, ma è molto riempito di piante e di fiori. Anzi Serapia, l’amica architetto ha detto che si vede che il mio scoperto non è frutto del disegno di un giardiniere: perfetto! Casa mia deve rappresentare me! Se gli altri gradiscono, tanto meglio. Viceversa, pazienza!
Sofferenza e Resilienza
Stamattina 24 gradi, nuvoloso: una meraviglia, dopo tanta canicola. Le previsioni in tivù dicono temperature in calo, meno che per le Venezie…spero che il bollettino venga smentito dai fatti. Agosto è alle porte e ci porterà l’acqua che manca, se il proverbio “Pioggia d’agosto rinfresca il bosco” è ancora credibile. La siepe di casa mia è ancora verde, ma l’erba è decisamente brulla e i gladioli – i fiori di questo periodo – non sono sbocciati. Avevo interrati una quarantina di bulbi ad aprile, soffocati dal caldo. In sofferenza è anche il cornus florida messo a dimora la primavera scorsa, che quest’anno non è nemmeno fiorito! “Dovevo bagnarlo mattina e sera” mi è stato detto. Difficile, con le ordinanze riguardo il contenimento dell’acqua. Ma il mio è un problema marginale. Penso ai danni che la siccità ha recato all’agricoltura e a molti altri comparti, compreso quello della balneazione. Leggo che a Caorle e ad Eraclea sono bloccate le docce nelle spiagge, impensabile anni fa. Tempo addietro vedevo con piacere la dedizione dei giovani, compreso mio figlio, al mondo green, ma ora devo ricredermi. Non so dove un trentenne oggi potrebbe andare a parare, per sentirsi tranquillo: è tutto molto complicato e poco rassicurante. Mi mantengo realista con un pizzico di ottimismo imposto dalla volontà. Cerco aiuto nella creatività e nel bello, soprattutto quello non appariscente che si nasconde dietro a ciò che abbiamo sotto gli occhi: i miei gattini che giocano, un profumo, un sapore, un colore…il pensiero che domani riservi sorprese inattese. Oggi mi godo la temperatura clemente e mi accontento. Un leggero vento fa vibrare le fronde dei noci che ombreggiano il camminamento verso il camposanto. Le lagerstroemie del viale di fronte casa mia sono fiorite e offrono uno spettacolo di invidiabile resilienza. Da copiare.
Bellezza da ammirare e frutta da gustare
Per fortuna non uso più la sveglia da quando sono in pensione, salvo necessità. Il risveglio avviene spontaneamente, oppure indotto da un rumore esterno, tipo le incursioni di Fiocco sul letto, come successo stamattina prima delle sei. Se lo sgrido, il simpatico micetto se la ride e fa le fusa. D’altronde ha trascorso ieri la sua prima notte fuori casa ed è più rassicurante sapere che c’è, anche se disturba fuori orario. Così mi alzo presto e alle otto sono quasi stanca: foraggiati gli animali, raccolte le ultime albicocche e una decina di susine, decido di andare al bar in compagnia di Lucia che abita lungo il tragitto. Strada facendo, ho il tempo di scattare un paio di foto: a un ibisco color corallo, simbolo dell’estate e a dei gladioli bianchi in compagnia di fiori rosa di cui non conosco il nome. La bellezza è gratuita e io ne approfitto, perché mi fa stare meglio. Purtroppo il mio giardino è abbastanza spoglio, non so se i gladioli siano in ritardo oppure non sbocceranno affatto…la siccità potrebbe aver isterilito il bulbo. È un’estate più favorevole alla frutta che ai fiori, tanto che devo inventarmi qualche soluzione per smaltire le albicocche, di cui ho già fatto una trentina di vasetti di marmellata, tre/quattro litri di succo di frutta (ovviamente all’albicocca), i muffin con ripieno della stessa marmellata, poco fa la macedonia, estesa ad altra frutta che matura troppo in fretta. Ho le mani morbide, dopo avere sbucciato quantità notevoli dei deliziosi frutti dorati. L’intenzione è anche di provare a fare il gelato, pur senza gelatiera. Mai avrei immaginato di dedicarmi tanto all’impiego delle albicocche: lo faccio per la pianta e per una mia proiezione nella stessa. Ha sofferto caldo e freddo, gelate e potature scorrette, poche attenzioni e zero concime. Sembrava destinata all’esaurimento…e invece quest’anno ha prodotto una quantità di frutta inimmaginabile. Credo si possa parlare di resilienza a oltranza. Un modello da seguire.
Troppa grazia 🍊
Ho parlato col mio Albicocco: gli ho proposto una tregua, perché è la quarta mattina che raccolgo i suoi frutti e li trasformo in marmellata, anzi in confettura di albicocche, per la precisione. Sulla capsula del vasetto dove finisce il prezioso prodotto, assolutamente naturale e non trattato scrivo ‘Apricot’ ma solo perché la parola inglese è più breve. Vent’anni fa ci fu la serie con foto del dorato frutto sul tappo, che circola ancora nel fondo di qualche cassetto. Senza volerlo, mi sono impratichita di fiori e di frutti…ma non ho sovvertito le mie abitudini alimentari cosicché, pur amando certi dolci, non faccio uso di…pane, burro e marmellata e la dispensa si riempie di non consumato. Un po’ come avviene per i libri che scrivo, cui devo dare aria. Diciamo che ho un nutrito parco-regali per il corpo e per la mente! Sono esperta di muffin ma non di crostate, che metto in agenda come obiettivo invernale. La mia amica Lucia mi darà una mano, ci conto. Adesso fa troppo caldo, la situazione è al limite della sopportazione. Ho fatto una puntatina al bar, dove Gabriella, la titolare ha rimesso la mascherina perché in paese il numero dei positivi è risalito e lei giustamente si cautela perché vuole lavorare. Ma il caldo non doveva fare abbassare la testa al virus? Pazienza se omicron 4 o 5 è più aggressivo ma meno pericoloso…tra caldo abnorme, guerra ai confini, fuori di testa l’estate non è iniziata col piede giusto. Non so se sono originale, ma in questa situazione di ancora emergenza ho acuito il mio spirito felino e sto alla larga dagli assembramenti, tengo la mascherina a portata di mano e se sento un colpo di tosse nei pressi, allungo il passo. Come passo il tempo? Sto parecchio in studio, con il deumidificatore, in compagnia di Astro e dei gattini, distesi su una tastiera o sopra un’agenda. Mi sono rituffata nel Latino, traducendo quattro versioni assegnate in prima superiore, per verificare cosa mi ricordo. La leggenda di Cerere e Proserpina mi ha restituito la ‘consistenza’ degli dei antropomorfi, cioè molto simili a noi, con in più – loro – l’immortalità che a noi è negata: perciò dobbiamo valorizzare a pieno la vita.
Esperienza sensoriale mattutina
“Il mattino ha l’oro in bocca” è il proverbio che sperimento su di me, che mi alzo piuttosto presto, prima delle sette (ma recupero poi nel primo pomeriggio). Data la pappa ai micetti Fiocco e Pepe, messe sul davanzale del salotto le crocchette per Grey – contrariata dai nuovi intrusi – riempita la ciotola per Astro… finalmente mi preparo la colazione. Poi è il momento dei canarini, che diletto con due foglie di radicchio e mezzo uovo sodo. Quindi sposto la voliera coi cinque pennuti dal ripostiglio al portico a ovest, perché si godano il fresco del mattino, in attesa del sole verso il mezzodì. Sbrigate queste incombenze, faccio il giretto per la parte esterna della casa, in cerca di fiori e frutti. Ho reciso le prime Ortensie e raccolto le fragole, distribuite in vari vasi. Deliziose le fragoline di bosco che si staccano con un tocco delle dita. L’aria è profumata dal Gelsomino in fiore, il mio e quelli dei vicini. Lego con uno spago i pomodorini che stanno ‘alzando la testa’ e annuso con piacere l’odore che depositano sulle mie dita. A proposito di olfatto, il Fico spontaneo piazzatosi al centro dell’aiuola davanti alla cucina, mi conferma che è pregiata l’essenza che se ne ricava, utilizzata in profumeria. Colori, odori, sapori…diciamo che l’esperienza sensoriale che faccio a domicilio mi fa partire col piede giusto. So che sono in buona compagnia, perché diverse mie conoscenze amano e curano piante e fiori: Serapia, Pia, Lisa e Roberta, Lina, Adriana, Marcella…Gianni, il marito di Lucia, Matteo che gestisce il banco delle sementi al mercato locale…e chissà quanti altri. Del resto, se la casa è espressione di chi la vive, tanto vale occuparsene da buon padre/madre di famiglia. I familiari vanno e vengono, ma i fiori rimangono, creature silenziose destinate a sollevare il nostro umore. Riconoscenza compresa.
Casa dolce casa
Mi sono trovata un posto impensato dove fare le mie riflessioni: vicino la compostiera, vicino al melo e di fronte all’aiuola con la rosa antica, liberata finalmente di piante autoctone che le erano cresciute attorno. Da qui posso sbirciare nell’angolo più rustico dove c’è l’albicocco longevo e generoso, spaziando oltre verso la legnaia. Constato che ho riempito bene il mio spazio esterno, creando degli angoli che, adeguatamente curati mi posso godere. Seduta sotto il melo, ne osservo il fusto con edera abbarbicata alla base che si apre su quattro braccia di rami da cui penderanno i frutti di Eva. Sotto ho posizionato un MIRTILLO GIGANTE AMERICANO PRECOCE: i futuri frutti – piccole campanelle bianche – ricordano i mughetti. Adesso li compero e tra un paio di mesi spero di averli ‘brevi manu’ (= a portata di mano). Le rose sono spinose e profumatissime, spettacolari soprattutto in boccio, lungo e stretto. Mentre osservo il mio ben di Dio si avvicinano Grey e Astro, per un giretto di controllo. Stamattina è stata tagliata l’erba e si zampetta in maniera diversa, più piacevolmente anche da parte dei merli che planano curiosi. Il merlo non è proprio di casa, ma da girovago si intrufola in cerca di qualche semino scartato dai canarini. A completare la compagnia, sento tubare delle tortore e verso sera si aggiunge il concerto dei grilli. Il passaggio di qualche auto non incide sull’insieme rilassante. Dubito che potrei trovare altrettanto in una struttura a pagamento. D’altronde questa mia dimora me la sono pagata per quindici lunghi anni e solo adesso mi rendo conto che ne valeva la pena. Casa dolce casa… meglio tardi che mai!
Bouquet
Confermo che raccogliere fiori è un’occupazione che mi dà la carica. Stamattina tocca a Iris, Rose e Garofani piccoli e profumatissimi. Oltretutto erano di mia madre e li ho trasferiti a casa mia quando lei se n’è andata, nel lontano 2007… ma loro ci sono ancora ed è come se attraverso di loro lei tornasse a salutarmi. Prima di metterli in vaso li fotografo; poi li allego ad un saluto destinato ai contatti più sensibili che mi restituiscono un pensiero e/o un’immagine in tema. Insomma, è un graditissimo traffico quello che si genera grazie ai fiori, ‘Una delle tre cose rimasteci del paradiso’ secondo un’espressione attribuita a Dante. Non è per caso che la mia ultima opera letteraria DOVE I GERMOGLI DIVENTANO FIORI inizi proprio con la poesia intitolata Bouquet, che dopo riporto sotto: tre strofe dedicate ai germogli che si trasformano in piantine autonome e originali, grazie alle cure dell’accorto giardiniere che simboleggia il maestro, altrettanto premuroso nel coltivare il sapere dei suoi scolari. Insomma, connessione ed interscambio di competenze che favoriscono il benessere spirituale di chi si sta formando, e non solo. In sintesi, è ciò che dirò – o meglio che mi propongo di dire – domani sera, durante la presentazione della succitata opera. Siete tutti invitati. Metto a disposizione dei lettori il testo, per un…gradevole anticipo. I fiori sbocciano/nel pieno fulgore,/profumati alcuni/altri colorati/di semplice fattura/oppure elaborati./Ognuno della natura/un autentico capolavoro,/frutto anche/dell’attenzione/del solerte giardiniere/che li ama e li cura./Pure il maestro/agli alunni dedica/tempo e pazienza./Qual fiore, la sapienza/ha bisogno/di mente e di cuore.// Arrivederci! 👋
Bouquet mattutino
Che bella occupazione raccogliere fiori la mattina, nel caso specifico Rose e Iris! Prima di farne bouquet, li fotografo e magari ci scrivo attorno dei versi o un post per il blog, come succede oggi. Tra una cosa e l’altra passa un’ora, che nel mio caso vale quanto un trattamento shiatsu (ne parlo con cognizione di causa perché l’ho provato) e mi spiana la strada per una giornata in salita che parte bene. Dato che la stagione è avviata, certi fiori si sono trasformati in frutti che stanno maturando: le ciliegie e le albicocche intanto, sperando che non intervenga un evento shock ad interrompere il processo, come è avvenuto l’anno scorso. Tra le piante autoctone che hanno scelto di insediarsi dentro il mio giardino ci sono un Susino a bordo siepe (che ha prodotto piccoli ma squisiti frutti gialli), un Ciliegio selvatico ed un Fico che fa ombra alle Ortensie. Abito in prossimità dei campi e ciò può aver favorito la trasmigrazione di pollini. Nel giro di vent’anni il mio scoperto si è riempito di piante: alcune introdotte da me e altre ‘ospiti’ che in qualche modo mi rappresentano e danno allo spazio esterno un’impronta personalissima. Il punto forte rimane la pergola del Glicine, dove mi rilasso, leggo e scrivo. Ovviamente non posso godere di questo bene di Dio durante l’inverno, quando rimedio all’assenza, occupandomi di piante d’appartamento, come il Ficus che ha già filato, perché la talea ha attecchito oppure della Natalina/Pasqualina che fiorisce più volte l’anno. Col senno di poi, se mia madre avesse saputo il mio trasporto per i fiori, avrei potuto chiamarmi Iris, Margherita, Rosa, Ortensia o anche Petunia, come una signora che conosco. Diciamo che dietro il palindromo (nome che si legge identico da destra e da sinistra) Ada, si nascondono tante forme e colori che allietano la vita.
Momento del Glicine
Che meraviglia scrivere sotto la pergola del mio Glicine, col ronzio dei bombi che assediano i grappoli profumati e i raggi del sole che saettano sulla schiena! Da un paio di giorni è gradevole stare all’aperto, pregustando ciò che verrà dalla stagione ancora incerta, ma destinata a diventare bella. Per fortuna i giorni scorsi è piovuto, la terra almeno un po’ si è dissetata. In giardino l’erba è cresciuta e Reginaldo l’ha tagliata. Ha potato anche la siepe, restituendo alla mia casa l’aspetto di una dimora semplice e curata, abitata da una padrona innamorata di gatti e di fiori. Il Glicine gode in questo periodo del suo momento di gloria, ne vedo esemplari dappertutto: abbarbicati su strutture di ferro, attorcigliati attorno a travi e pergolati, tenacemente aggrovigliati alle reti. Storico quello in Bassano, nei pressi dell’ufficio turistico che vale la pena immortalare quand’è in fioritura. Di questa pianta rampicante – ritenuta infestante, un po’ come l’edera – mi piace tutto: colore rilassante, profumo delicato, forma pendula dei fiori. Peccato che non siano adatti a farne bouquet. Originario dell’Asia, il suo nome in greco significa dolce e si riferisce al profumo dei fiori. Protagonista di molte storie cinesi e giapponesi, e anche di una leggenda italiana, mi piace il significato simbolico conferitogli dal buddismo: i grappoli fioriti si trovano nei templi e sono simbolo della luminosità, ma anche della caducità della vita: tutto è in continua trasformazione, perciò si deve apprezzare ogni momento. Viene anche considerando un talismano contro le avversità, da regalare a chi ci sta a cuore. Nei paesi occidentali simboleggia l’amicizia e la disponibilità. Bene, anche oggi la natura mi ha offerto la sua lezione. Mi siedo sotto il mio pergolato di glicine: ammiro i fiori, ne aspiro la fragranza, socchiudo gli occhi…e ho il mio attimo di paradiso.