Felice di esserci

COMPLEANNO 💐 Nel 1963, quando avevo 10 anni, Marcello Marchesi cantava Che bella età !a mezza età… che era la sigla del Signore di mezza età, un varietà di costume firmato dallo stesso Marchesi che ricordo vagamente come un signore panciuto e coi baffi. Certo allora doveva sembrarmi vecchio un quarantenne, figuriamoci un settantenne! Adesso che metaforicamente soffio io sulle 70 candeline, non mi considero ancora anziana, in ciò confortata dal fatto che un aggiornamento delle fasce d’età ha spostato a 75 anni quella che mi dovrebbe riguardare. Dato il prolungamento della vita, l’anzianità è suddivisa in quattro gruppi: i “giovani anziani”, tra i 64 e i 74 anni; gli anziani, tra i 75 e gli 84 anni; i “grandi vecchi”, tra gli 85 e i 99 anni e i centenari. Bando alle classifiche, mi piace riportare il contenuto di un messaggio spiritoso dove si sostiene che conta lo stato di conservazione, non l’anno di immatricolazione. Grazie al cielo, sto bene e l’umore è buono. Serenamente in pensione, mi occupo dei fiori e dei gatti, leggo, scrivo e coltivo buone relazioni. Oggi festeggio il compleanno in compagnia, perché scambiare pensieri ed emozioni equivale a fare squadra e questa competizione affettuosa mi ricarica. Sono contenta di esserci e mi auguro di avere ancora un bel tratto di strada da fare. Passato e Futuro sono due riferimenti temporali che non mi appartengono più oppure non ancora, perciò mi sento protagonista del presente che intendo farmi amico. Così la squadra aumenta e ogni occasione è buona per ringraziare chi c’è a farmi compagnia. Quindi, cari amici, grazie di esserci e brindiamo alla vita! 🥂

Felicità… dietro l’angolo

20 marzo, giornata della felicità! Coincide con l’equinozio di primavera, perciò foriera di buontempo e belle cose (si spera). La data del 20 marzo è stata stabilita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2012 e si celebra dal 2013. Il web dà anche 10 consigli per vivere spensierati, riassunti da tre step: Sii consapevole, sii grato, sii gentile, credo fattibili. Segue l’elenco di dieci azioni che ci fanno sentire felici, di cui riporto le tre che adotto: connettersi con le persone, avere degli obiettivi, apprezzare il mondo che ci circonda. Anche alcuni cibi possono favorire il buonumore, in quanto risultano utili per la produzione di serotonina, nota come neurotrasmettitore della felicità, tipo la banana, i mirtilli, i fichi… e il cioccolato. Tutto vero? Provare per credere. Appurato che l’ottimismo fa campare più a lungo, è difficile definire la felicità. Per Albert Einstein è una vita calma e modesta. Per gli studiosi del settore, trattasi di un’emozione temporanea, uno stato d’animo che si può imparare. Una ricetta che può portare alla felicità è la cosiddetta “scrittura espressiva”: mettere nero su bianco, quindici minuti al giorno, esperienze ed emozioni per risolvere meglio i conflitti, molto vicina al diario che consigliavo di scrivere a scuola. Adesso che mi ricordo, all’appello gli studenti dichiaravano il proprio umore, consentendo all’insegnante di prendere le contro misure. Durante i lavori di gruppo erano stati elaborati dei cartelloni sulle emozioni, stati d’animo passeggeri – diversamente dai sentimenti – tra cui la felicità che ogni ragazzo coniugava a modo suo. Venendo a me, mi faccio bastare momenti di felicità, che un po’ mi costruisco ad esempio scrivendo e un po’ mi vengono offerti dalla natura, dai gatti e dalle relazioni. Anche Alessandro D’Avenia tratta oggi l’argomento nella sua rubrica Ultimo Banco, intitolando l’articolo ‘Il midollo della vita’. In sintesi, la felicità è “creare secondo i miei talenti e amare secondo le mie possibilità”. E quindi può accadere “scrivendo, camminando, cucinando, facendo una lezione… e tutte le declinazioni del quotidiano. Forse la felicità è dietro l’angolo: basta coglierla!

Grande Leonardo

Se la madre di Leonardo Da Vinci era davvero una schiava proveniente dall’antica Circassia (regione del Caucaso), tanto di guadagnato per lui; il dato aggiunge ulteriore curiosità al suo genio. IL SORRISO DI CATERINA, di Carlo Vecce è il libro che ne parla, sulla base di scoperte di carattere scientifico e il ritrovamento di documenti, tra cui una lettera di Piero Da Vinci, il padre di Leonardo. Che si chiamasse Caterina lo sapevo già, da una storia romanzata intitolata IL VOLO DEL NIBBIO, letta a scuola con i ragazzi. Anche il libro di Vecce, studioso del Rinascimento è una storia romanzata della donna rapita e obbligata a salire su una nave. Nell’intreccio si inserisce il mercato delle repubbliche marinare, con il traffico di persone sottomesse che richiama le condizioni di molti sfollati odierni. Dubito che mi procurerò il libro, edito da Giunti; mi spaventa il numero delle pagine: 528! Non mi stupirei di scoprire tra le righe una donna straordinaria, se è vero, come diceva la scrittrice inglese Virginia Woolf che Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Magari, chissà ci ricaveranno un film. Per ora rimango fedele al romanzo citato sopra, di Enzo Petrini che descrive la vita di Leonardo da quando era ragazzo fino alla sua morte. Averlo adottato come opera narrativa da proporre agli studenti e fargliela apprezzare mi ha consentito di gustarmela a fondo. Mi è rimasta impressa una frase-testamento attribuita al genio che riassume il suo stile di vita: “Come una giornata spesa bene dà sereno dormire, altrettanto una vita bene spesa dà sereno morire”. L’umanità di Leonardo non era meno del suo lungimirante pensiero. Tanto vasto è l’ambito del sapere dove ha spaziato che ogni nuovo scritto su di lui ci interessa. E ci inorgoglisce.

Germogli e “Ultimo Banco”

Mi piace il lunedì, perché sa di rinnovo: vado a fare provviste e sosto al bar Milady di Fonte, dove Diego indossa una ricciuta parrucca nera, per ricordare agli sprovveduti clienti par mio che siamo agli sgoccioli di carnevale. A me interessano il suo cappuccino, la croissant tiepida e il quotidiano, possibilmente Il Corriere che riesco a sottrarre da un tavolo per leggerlo in un angolo rifilato della sala che il lunedì è piena, per via del mercato locale. Ogni lunedì è ospitata la rubrica “Ultimo Banco” di Alessandro D’Avenia che oggi titola il suo pezzo Draghi e principesse. Come sempre interessante, in omaggio all’obiettivo “per vivere il quotidiano con entusiasmo” esplicitato nelle pagine interne. L’autore introduce il pezzo stimolato dalla timidezza, provata da una sua ex allieva, per dimostrare come non sia affatto un limite, quanto una corazza protettiva, come ritengo anch’io. Comunque il passaggio che mi interessa assai è dove tira in ballo i giardinieri e chiede: un germoglio è la “incapacità” o la “timidezza” dell’albero? Non è strapazzandolo che cresce e rinforza, ma curandone le radici e rispettandone i tempi. Inevitabile per me pensare alla mia ultima opera DOVE I GERMOGLI DIVENTANO FIORI che presenterò il mese prossimo nell’Auditorium Scuola Primaria – Piazza Pieve – Cavaso del Tomba (TV) dove frequentai la quinta elementare ed ebbi per maestro Enrico Cunial, cui l’ho dedicata perché lui ha compreso e valorizzato la mia attitudine a scrivere, curando le mie radici, come dice il professor D’Avenia e rispettando i tempi per la ‘fioritura’ del germoglio/alunno. Il paragone con il giardiniere è pertinente, senza contare che in greco la parola anthos significa fiore, da cui antologia (anthos=fiore; logos=raccolta… florilegium in latino) il testo che raccoglie il meglio delle parole come fossero un bouquet. Io l’ho usato alle scuole medie sia come alunna, sia come insegnante. A casa ho diverse antologie e tuttora le consulto con piacere. Insomma, grazie tante al giovane collega e scrittore che mi offre un altro spunto per presentare a breve – speriamo bene – il mio libro (reperibile anche su Amazon)

In difesa del Classico e dei Classici

Sul settimanale il venerdì di Repubblica, nella rubrica PER POSTA di Michele Serra leggo la lettera IN DIFESA DEL CLASSICO E DEI CLASSICI che mi interessa, per i miei trascorsi scolastici. L’ autrice della lettera, docente di latino e greco lamenta un vistoso calo delle iscrizioni al Liceo classico, legata anche alla diffidenza verso una scuola “erroneamente percepita come elitaria”. La risposta va nel verso di un conforto perché “Socrate, Orazio, Lucrezio e Seneca” hanno ancora da insegnare molto per chi si mette in ascolto. Convengo con chi scrive che la scuola non è un ufficio di collocamento, ma prima di tutto un luogo di crescita culturale e civile. La risposta del direttore è che “nel Classico c’è qualcosa che non lo rende simpatico ai razionalizzatori della produzione”. Adesso dico la mia. Oltre mezzo secolo fa mi iscrissi al Liceo classico per scelta, condivisa dei miei insegnanti delle medie, in primis della docente di Lettere, senza nessuna copertura alle spalle. Non fu una passeggiata. Sintetizza tutto, il pensiero di Aristotele: “Le radici della cultura sono amare, ma i frutti sono dolci”. Nei primi compiti in classe di italiano presi insufficiente, con grande stupore dell’insegnante che mi aveva ‘licenziato’ col nove. Le due colleghe si parlarono e risalii la china. Ma dal Ginnasio (così si chiamavano i primi due anni del quinquennio) dovetti approdare al Liceo (ultimi tre anni) prima di prendere bei voti in Italiano, quando finalmente recuperai il mio nove delle medie. Il percorso è stato impegnativo: sono uscita con la consapevolezza di avere imparato molto, culturalmente parlando, ma soprattutto di ‘essermi fatta le ossa’ come persona. Infatti il successivo percorso all’università di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia mi è parso una passeggiata. Pertanto sono contenta di aver frequentato il Liceo Classico G.B.Brocchi di Bassano del Grappa. Per alimentare la cultura, dopo ci ho messo del mio, perché non ho mai smesso di essere curiosa, con i Classici sempre a farmi da riferimento. Assolutamente persuasa, che non si smette mai di imparare.

Amico a quattro zampe

Il 17 febbraio è la Festa Nazionale del Gatto, nata nel 1990 e celebrata in vari paesi, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’adozione dei gatti, animali tra i più diffusi al mondo, tanto che se ne contano 650 milioni circa tra randagi e di appartamento. In Italia superano i 7,5 milioni. La patrona dei gatti è Santa Gertrude di Nivelles, monaca benedettina del VII secolo che amava molto questi animali abili cacciatori di topi, ai tempi portatori di gravi infezioni, contro le quali veniva spesso invocata. Da gattofila qual sono, tratto volentieri questo argomento. La mia vita è andata di pari passo con quella dei felini che si sono alternati per casa, anche le prime foto in bianco e nero mi ritraggono mentre tiro la coda a un gattino: c’è stato subito un feeling, cresciuto nel tempo. Loro, gli amici a quattro zampe hanno accompagnato tutti i momenti salienti della mia vita e a loro va la mia gratitudine. Briciola, Sky, Puma, Micia… gli ultimi di una lunga schiera cui ho dedicato giustamente delle poesie. Come hanno fatto i poeti Umberto Saba, Charles Baudelaire e altri che consideravo a scuola quando insegnavo. Cosa ammiro nel gatto? Soprattutto lo spirito d’indipendenza, il voler essere libero. Poi l’eleganza e le movenze, l’elasticità e la pulizia, lo sguardo magnetico e il pelo morbido…una somma di qualità che protegge con denti e artigli quando serve perché, non dimentichiamolo, trattasi di un felino, una fiera in miniatura apprezzata anche da Leonardo Da Vinci che diceva: Il felino più piccolo è un capolavoro. Cercando nell’Aforismario, mi piace anche la frase di Fernand Méry: Dio ha creato il gatto per dare all’uomo il piacere di accarezzare la tigre, il che equivale a una terapia, considerato ciò che ne pensava Sigmund Freud: Il tempo trascorso con i gatti non è mai sprecato. Gli Egizi lo avevano elevato a divinità, ma durante il Medio Evo è stato visto come incarnazione del maligno. Una storia lunga e travagliata, che tuttora annovera denigratori e persecutori. Ma non la sottoscritta che tra le sue frequentazioni ha molte persone amanti dei gatti. Ringrazio entrambi, per essere un sostegno affettuoso delle mie giornate.

Il principe De Curtis, in arte Totò

Quel mattatore di Fiorello che mi fa compagnia ogni mattina su VIVA RAI2! mi ricorda che oggi sarebbe il compleanno di Totò a cui destino il mio post odierno. Ho un debito nei confronti di questo personaggio che da giovane non mi piaceva, perché lo trovavo troppo costruito. Ci è voluta la maturità a farmelo apprezzare, come merita. Totò è pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio – respiro – nato a Stella (Rione Sanità) Napoli, il 15 febbraio 1898 e morto a Roma il 15 aprile 1967. Famosissimo attore, è stato anche commediografo, poeta, paroliere, sceneggiatore e filantropo. Pubblica l’autobiografia “Siamo uomini o caporali?” e la raccolta di poesie “A livella”. Ritenuto il simbolo della comicità napoletana, era chiamato principe perché il padre naturale – che lo riconobbe da adulto – era il marchese De Curtis, titolo cui lui aggiunse quello di principe De Curtis dopo essersi fatto adottare da un vecchio principe in miseria. Fu cresciuto dalla madre in povertà e concluse a fatica gli studi liceali. E già con questi elementi si intuisce un dietro le quinte di molti sacrifici. È stato tra i più famosi e amati attori italiani del Novecento, sia sul palcoscenico sia nei film. A me piace ricordarlo anche come autore di poesie, A livella una per tutte e di canzoni dialettali, come Malafemmina. Non sapevo che stravedesse per i cani, tanto da aver fatto costruire un canile vicino a casa, dove andava a trovare i trovatelli. Sembra che ne mantenesse centinaia. Alla grande Oriana Fallaci, in un’intervista pubblicata sulle pagine de L’Europeo nel 1963 confidava: “la vita costa, io mantengo 25 persone, 220 cani…i cani costano…”. Alla domanda di cosa se ne facesse di 220 cani rispondeva: “Me ne faccio, signorina mia, che un cane val più di un cristiano…Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo”. Molto interessante l’intervista che consiglio di cercare e leggere. Un uomo anche di grande cuore che di sé diceva: “Io, singorina mia, sono afflitto da un brutto complesso: il complesso di inferiorità. Inferiorità fisica, inferiorità intellettuale, inferiorità culturale”. Incredibile! Credo che Totò fosse principe nell’animo.

Giornata mondiale dell’amicizia

EVVIVA L’AMICIZIA – In Italia oggi 14 Febbraio si celebra la festa degli innamorati, mentre in Finlandia si festeggia la giornata dell’amico. Considerato che la Finlandia è in Europa (Paese membro della Ue dal 1°gennaio 1995), sono europea e più vicina al tema dell’amicizia che a quello dell’amore mieloso (fatto di fiori e cuori, per intenderci) – con tutto il rispetto per quell’altro – mi trattengo volentieri a esporre due pensieri al riguardo della giornata, doppiamente intesa. Non vorrei aggiungere banalità a banalità, ma riconfermo il concetto che l’amore è un sentimento ampio e complesso che si espande ben oltre il legame di coppia. Quando insegnavo, in questa giornata era tutto un girare di cuoricini che approdavano perfino sulla cattedra! Non mi ricordo di avere mai festeggiato la giornata, né in pubblico e nemmeno in privato. E non me ne dolgo; ho sottomano le creature che mi trasmettono affetto e benessere, soprattutto i gattini (che stanno diventando gattoni) i quali spesso si leccano reciprocamente sulla testa e le orecchie in una operazione che non è solo di pulizia. Col tempo, ho allargato la cerchia delle mie amicizie e questo è un conforto che connota la mia giornata dalla mattina alla sera, quando ricevo i primi saluti e quando raccolgo la buonanotte: piccoli segni, però di condivisione e scambio di pensieri ed emozioni che le persone più vicine rafforzano col telefono e la visita. Se facessi l’elenco, potrei contarne una decina – perché qualcuna passa oltre – anzi le nomino: le mie cugine Luisa, Morena, Lucia, Vilma, Pia, Marta, Lucia, Lisa, Marta, Marcella, Rossella… Giancarlo, Ivano, Manuel (gli uomini scarseggiano sempre, sarà che siamo di più!), cui si aggiungono altre persone meno presenti di fatto, ma vicine al mio sentire. Grazie Amiche/Amici di esserci, brindo idealmente alla Salute del nobile sentimento che ci lega! 🥂

Ricordo e Monito

Ricordo e Monito – Partecipo all’incontro organizzato dal Comune di Cavaso del Tomba con il Patrocinio della Regione Veneto e la partecipazione del Comitato Dieci Febbraio, dedicato alla Giornata del Ricordo. L’incontro avviene nel nuovo Auditorium Scuola Primaria – Piazza Pieve, posto che mi tocca da vicino perché nei locali attigui frequentai la quinta elementare quando ebbi per maestro Enrico Cunial, cui dedico la mia ultima opera Dove i Germogli diventano Fiori. Mi auguro che la struttura, moderna e accogliente diventi un forte collante culturale, come merita. Come da locandina, l’autrice Cristina Sala presenta il libro CUORE DI BAMBINA, opera nata da un carteggio fortunosamente recuperato e tradotto dal tedesco. La protagonista è una ragazzina di dieci anni che si prende a cuore la sorte di un soldato tedesco, addetto ai lavori forzati di scavo nel percorso che lei fa per andare a scuola, dandogli in dono parte della sua merenda. Il tutto avviene nella travagliata parte orientale dell’Italia, sottoposta a vessazioni dai partigiani di Tito dopo l’8 settembre 1943 e all’esodo dopo il 1947 di migliaia di istriano giuliano dalmati. Durante l’incontro si alternano in toccanti testimonianze Federica Haglich e Andrea Patelli, classe 1936: declina lui la data di nascita avvenuta a Visinada, a ca. 60 km da Pola. Di questo testimone ammiro in modo particolare la disinvoltura verbale e lo ‘sprint’, a dispetto dell’età. Il sindaco Gino Rugolo e l’assessore Michele Cortesia introducono egregiamente il tema, doloroso ma finalmente portato allo scoperto, delle foibe e del successivo esodo “Anche nelle zone vicine a noi”, come asserisce il moderatore Andrea Berton. Incoraggiante la presenza del Consiglio Comunale dei Ragazzi, cui è rivolta la speranza di costruire un futuro di pace, affinché la Storia diventi davvero maestra di vita e possa contare su attenti interlocutori.

Film Rosso ISTRIA (Red Land)

ROSSO ISTRIA Ci sono dei film che andrebbero visti, a prescindere dal valore artistico, per la capacità di raccontare i fatti, specie se sottaciuti per decenni. È quello che si propone RED LAND (ROSSO ISTRIA), in onda su Rai 3, giovedì 9 febbraio, alla vigilia della Giornata del Ricordo. Premetto che non ero intenzionata a vederlo, perché immaginavo sarebbe stato come ricevere un pugno nello stomaco; poi il mio senso civico e la deformazione professionale di insegnante mi hanno convinta a sintonizzarmi sulla terza rete. Come previsto, non è stato un godimento, ma due ore e mezza di dolorosa rivisitazione di quanto successo in Istria, dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943: fascisti, comunisti, partigiani, titini… l’un contro l’altro armati, con vittime ignare della malvagità serpeggiante, come la studentessa Norma Cossetto, figlia di un funzionario fascista, attorno alla quale si muovono i fatti e le persone che finirà scaraventata in una foiba, come migliaia di altri sventurati. Una sorta di Anna Frank italiana, persuasa che il bene avrebbe prevalso. Come purtroppo non fu. Molte le scene indimenticabili, rese senza sbavature. Ho molto apprezzato la parte del professore, poi suicidatosi per non cadere nelle mani dei titini interpretata dal gigante Franco Nero. Di grande espressività Geraldine Chaplin nei panni della nonna che racconta. Se fossi ancora in servizio, sostituirei un paio di lezioni di storia – anche tre – con la visione di questo coraggioso prodotto italiano del 2018, diretto dall’italo-argentino Maximiliano Hernando Bruno, interpretato alla grande dai protagonisti delle amare vicende, regista compreso. Sulle foibe ho avuto l’opportunità di parlare a scuola; con gli studenti delle terze andammo anche a Basovizza, nel comune di Trieste, per rendere omaggio al pozzo minerario – monumento nazionale dal 1992 – divenuto luogo di esecuzioni sommarie di prigionieri da parte dei partigiani comunisti jugoslavi. In quell’occasione conobbi la struggente canzone contro la guerra 1947 di Sergio Endrigo che esprime tutto l’amore per la propria città abbandonata, a seguito dell’esodo giuliano dalmata, fenomeno seguente ai massacri delle foibe. Consiglio di sentirla, perché merita.